La persona è la propria memoria. L’identità si costruisce sulla memoria
Franco Bellingeri, questo scrittore che si dichiara ammalato di morbo di Parkinson, quasi ancor prima di parlare e di scrivere il libro Anamnesi, paradossalmente “salta” i disturbi che più teme, quelli della memoria, per definire in una sorta di decalogo iniziale le cose che per lui contano nel vivere: il riuscire a dare testimonianza del proprio stato, il coltivare la speranza in un progetto di aiuto agli altri malati e lo “sparkinsonare” i disturbi della memoria in questa malattia così gravemente invalidante. Lo si deduce subito che l’identità dell’illuminato paziente è salva, che il suo apporto va bene accettato e che il progetto di migliorare la situazione della malattia di Parkinson, quale oggi si presenta, viene consegnato alla speranza. Da tutto questo nasce in noi il desiderio di leggere il libro di questo autore, laureato in filosofia, già preside per lunghi anni di Scuola Media, educatore, collaboratore di riviste e, qui, coinvolgente scrittore sia sul piano scientifico che narrativo poetico.
Il titolo del libro delle Edizioni del Faro, in concorso a premi letterari, Anamnesi, ricordanza, si riferisce non tanto alla memoria da dichiarare in medicina, quanto alla nozione di memoria personale vivente, alla mente che stabilisce l’identità nel percorso biopsicologico. Nella qualifica di anamnesi si sottolinea che sia la memoria breve che quella lunga salvaguardano la capacità del ricordare la storia, la vita stessa nelle varie sue componenti. La persona è la propria memoria. L’identità si costruisce sulla memoria.
Fin dall’inizio il libro esprime una certa poeticità, quando descrive il camminare del paziente lungo una spiaggia, pur nell’inciampo della malattia. Ma racconta anche il suo girare per la casa con la valigia dei ricordi che si fa sempre più pesante, per l’età e per il morbo, sino ad imporre ad un certo punto di abbandonarla in qualche angolo. L’amnesia, specie quando nel paziente è galoppante, cancella o scambia le persone, converte le identità, ottunde le presenze, limita i rapporti interpersonali: nel malato perdurano sì cognitività e coscienza, ma i nomi scivolano via sempre più rovinosamente. E gli capita di non saper sempre rispondere alle domande che gli vengono poste. Certamente conta la presenza dei familiari, della moglie in particolare, come garanzia e quale consolazione: il malato si sente spinto a sforzarsi di ricordare; del resto in lui permane una certa creatività, ma sull’orlo dello sfascio, si mantiene una capacità visionaria, però nel dubbio che tutto stia per crollare. A dura prova viene messa anche l’affettività, con la paura che tutto si concluda nella frustrazione e nel silenzio. Quella che entra in causa, nella storia di questo paziente, è proprio la memoria, intesa nei suoi vari tipi e nelle sue diverse specificazioni, il ricordare il vecchio, il nuovo, il dire, il fare, gli amici, i parenti stessi, i condiscepoli, la vita.
Libro che diventa diario vivo, elenco di sintomi, memoria poetica e commossa sino alle soglie della bellezza; non mancano descrizioni romantiche, che affascinano il lettore oltre che informarlo. Le osservazioni arrivano ad essere sempre pertinenti, cliniche, scientifiche per far capire “la memoria emozionale”: e la consolazione riesce a far sopravvivere il malato alla malattia di Parkinson, la quale è descritta nel doppio registro poetico-esistenziale e scientifico-naturale. Tutto questo non fa che rimarcare anche la originalità artistica del testo e la capacità descrittiva dell’autore-paziente, che si è come messo davanti ad uno specchio e magistralmente si è descritto anche se non vengono nascosti l’urlo e la rabbia, il disagio e persino le allucinazioni. Da non dimenticare tra le pagine la presenza di una preghiera assai commovente.
Proprio così, l’autore-paziente nel raccontare in diretta, sembra che abbia raccolto da un prato difficile i fiori della speranza e della consolazione e li voglia offrire. Si riscontra in questo libro, oltre alla cultura filosofica dello scrittore – con le citazioni sempre originali e bene inserite – la sua professione di insegnante: però la “specialità” sta nelle interrogazioni e nelle descrizioni nei riguardi del problema memoria, sino ad “intervistare il passato”. Ci fa pure riflettere sulla funzione delle agende e dei diari, che molti malati tengono quasi per “surgelare” i ricordi. Persino per i medici e i conoscitori della patologia parkinsoniana la lettura di questi scritti personali appare adatta per un perfezionamento delle conoscenze sulla malattia: e in questo senso vale l’invito dell’autore ai pazienti onde aprirsi agli specialisti anche attraverso questa “medicina narrativa” capace di offrire una testimonianza viva. L’intricarsi di pezzi poetico narrativi ed esemplificativi dei sintomi, dentro ad una precisa descrizione nosografica, è quello che giustifica l’originalità di questo libro.
Il parkinsonismo, “emblema della debolezza e della ricchezza del vivere”, specie per quanto riguarda i disturbi della memoria (che ossessionano ed impoveriscono il malato), viene presentato con tutti i suoi problemi, ma anche con le possibili speranze: e in noi, malati e presunti sani, si è aperta una anamnesi, una ricordanza. Occorre crederci, anche la sofferenza può trovare un compenso nella gioia del giorno.