Se l’esperienza diventa risorsa…

Domenica 16 giugno Pergine ospita il 35° raduno provinciale dei Club di alcologia territoriale. Una festa nel segno del “fare insieme”]

[“Raccontare le proprie storie, anche dolorose, può essere la chiave che apre a una scelta di cambiamento”

Cambiare si può quando l’esperienza diventa una risorsa. La realtà è complessa, a volte scoraggiante, ma attraverso un lavoro di squadra può essere affrontata e risolta. È con questa consapevolezza che, domenica 16 giugno alle 14, al teatro comunale di Pergine, si terrà l’incontro annuale delle famiglie dei Club Alcologici Territoriali della provincia.

È un momento di festa per i traguardi di sobrietà e benessere raggiunti, ma anche un’importante condivisione di esperienze che per molti sono la principale risorsa che aiuta nel cambiamento, a far tornare il sorriso e la serenità in tante famiglie.

In Alta Valsugana, sparsi su tutto il territorio, ci sono 17 club facenti capo all’Associazione dei Club Alcologici Territoriali dell’Alta Valsugana (ACAT). Da qualche anno, oltre ai CAT, sono presenti dei CEF (Club di Ecologia Familiare), che lavorano ancor di più su quest’ambito, coinvolgendo tutti i membri del nucleo familiare. In Trentino, in totale, si contano 145 club (121 CAT e 24 CEF). Sinergia vi è anche con il Servizio di Alcologia dell’Azienda Sanitaria.

Come diceva infatti il professor Vladimir Hudolin, la cui iniziativa ha permesso la nascita di questo metodo di approccio terapeutico al problema alcologico, “l’importante non è l’alcol, ma l’uomo”: nei club, parlando, conoscendosi, stringendo amicizie, confrontandosi e soprattutto fidandosi l’uno dell’altro, si cerca di dare un nuovo inizio a delle vite che molto spesso sarebbero “soffocate” nel problema dell’alcol (che molto spesso però è anche spia di problemi più profondi}.

La terapia non ha scadenza, in quanto continua anche per molti anni: ma se in Trentino circa il 60% della popolazione fa consumo di alcol, il 25% di questi è considerato “a rischio”; si sta notando una omologazione sempre più marcata fra consumatori maschi e femmine, con la riduzione dell’età media del primo consumo (11 anni) e la difficoltà sempre più marcata di coinvolgere i giovani.

Una delle più importanti caratteristiche del Club Alcologici Territoriali è la presenza del servitore-insegnante in queste comunità riguardo ciò. È dunque colui che si mette al servizio degli altri, sulla base di una solidarietà reciproca, dove ognuno diventa responsabile dell’altro o meglio dove tutti sono responsabili di tutti. Un ruolo non semplice da comprendere per chi “guarda da fuori”: ce lo racconta il dottor Renato Anesin, fra i primi quando nel 1986 sono stati aperti i tre club in Alta Valsugana. “Ritornare con la mente al 1986 -racconta- equivale a fare un salto agli albori dei club in Alta Valsugana. Fino ad allora, per chi aveva problemi con l’alcol, era difficile trovare risposte concrete, e io, come medico di base, mi scontravo ogni giorno con questa realtà. Il disagio veniva nascosto dalle famiglie e negato, in modo particolare, se a bere era una donna. Mi sono reso subito conto che, per affrontare l’alcol, il club era una risposta adeguata”.

Gualtiero Gabrielli da un anno è presidente dell’ACAT Alta Valsugana: il suo motto è “fare insieme”. “Conosco tante persone, anche all’interno dei club -spiega- che fanno fatica a parlare anche dei risultati positivi ottenuti. E trovo quasi incomprensibile il fatto che, come spesso accade, provino vergogna proprio quando stanno facendo qualcosa di costruttivo per loro, finalizzato a un sano volersi bene e alla realizzazione di un percorso per risolvere dei problemi. Capisco la vergogna che si può provare quando si è nella dipendenza, nella situazione problematica creata principalmente in famiglia con le persone affettivamente più vicine. Per aiutare chi è in questo stato di fragilità raccontare le proprie storie, anche dolorose, può essere la chiave che apre a una scelta di cambiamento”.

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