L’esperto pilota trentino Christian Merli ha ancora voglia di vincere e dare spettacolo sulle strade di tutta Europa: “A queste velocità vietato perdere la concentrazione”
Christian, qual è la tua professione?
“Sono pilota automobilistico di gare in salita”.
Come ha iniziato ad appassionarsi?
“Da piccolo ho sempre avuto la passione per i motori: è un qualcosa che è nato spontaneamente. I miei mi hanno sempre raccontato di quando scappavo sul triciclo…”.
Ha mai fatto altri sport?
“Ho giocato a tennis e mi piaceva sciare”.
Da quando è diventato pilota?
“Come professione dal 2010, conciliandola però con il mio lavoro. Dal 2018 ho deciso di puntare esclusivamente su questo”.
Dove gareggia?
“Faccio il Campionato Europeo della montagna, dodici gare in dieci nazioni da aprile fino all’inizio dell’autunno. Sono tutte corse in salita e, mediamente, tra i quattro e i sette chilometri. La Trento-Bondone con i suoi diciassette chilometri è nettamente la più lunga”.
Ha mai fatto un incidente?
“Purtroppo sì, succede. Nella mia carriera sono stato fortunato anche se l’anno scorso a marzo ne ho fatto uno brutto; non mi sono fatto nulla però non è mai facile ricominciare”.
Qualcuno ha mai perso la vita in corsa?
“Purtroppo sì, è capitato a qualche collega. Una volta succedeva più spesso, ora le federazioni hanno introdotto maggiori normative per quanto riguarda la sicurezza delle macchine ed anche dei percorsi”.
Per quanto proseguirà a fare questo lavoro?
“Spero di riuscire a farlo ancora qualche anno. Nel nostro sport è importante la fisicità, anche se non come nel ciclismo o nella corsa. Soprattutto nelle gare in salita conta tanto l’esperienza: fino a quando i risultati mi danno ragione continuerò, certamente però non all’infinito”.
E poi?
“Ho un mio team con altri piloti, una volta sceso dalla macchina continuerò come team manager”.
Esistono circuiti su cui allenarsi?
“Sì, ma non in salita. La macchina la provo in pista, sul circuito, a Cremona. Ma non è mai come la montagna: chissà che in futuro non ci venga concesso un pezzo di strada chiusa, naturalmente in salita”.
Cosa si prova a spingere una macchina ad oltre 280 chilometri orari?
“A volte anche un po’ di paura eh… Dipende dalle situazioni, ma è giusto che ci sia perché ti fa rimanere nei limiti. La velocità in pista è un qualcosa che certamente mi piace, che mi dà tanta adrenalina, quando non corro – ad esempio in inverno quando non ci sono le gare – ne sento la mancanza”.
Ha mai avuto un pilota di riferimento?
“Nel mondo della corsa in salita era Fabio Danti: quando iniziai a correre con la Peugeot 205, lui correva già con i prototipi. Oltre a vincere ed essere un fuoriclasse, era anche una persona molto umile. Purtroppo nel 2000, è deceduto in un grave incidente durante la cronoscalata Caprino-Spiazzi, ma il suo ricordo è sempre vivo”.
Come si veste un pilota?
“Indosso una sottotuta, una sorta di “pigiama” fatta di un materiale ignifugo. Sopra va la tuta, anche quella fatta in modo da non prendere fuoco in caso di incendio. Poi i guanti e delle scarpe apposite, molto leggere per consentire di avere sensibilità sui pedali. Poi il collare HANS, progettato per prevenire lesioni cervicali e, naturalmente, il casco”.
È un mestiere costoso?
“Dipende dalle parti che si vogliono montare sulla macchina e se parliamo di un mezzo per ottenere la vittoria assoluta mediamente si può arrivare tra i 150 e i 200 mila euro; una cifra enorme ma comunque minore rispetto al costo di un’auto, ad esempio, del mondiale rally, che può costare quasi 2 milioni di euro”.
I suoi famigliari cosa le dicevano quando ha iniziato?
“Non è mai facile guardare persone a cui vuoi bene praticare uno sport un po’ pericoloso. Ma i miei genitori, nonostante la preoccupazione iniziale, non mi hanno mai ostacolato. Nessuno in famiglia aveva la passione dei motori – pensate che la mia prima gara l’ho fatta a 23 anni! – quindi la difficoltà principale è stata quella di far capire questa mia passione, che era pure costosa. Io, ad esempio, non riuscirei mai a stare al traguardo ad attendere qualcuno a cui voglio bene. Piuttosto andrei a casa, aspettando la chiamata a gara conclusa!”.
Ha un rito portafortuna prima della partenza?
“Qui si apre un mondo. C’è una ritualità delicata, piccole cose,anche se non sono scaramantico, direi che lo si fa più per scaricare la tensione”.
Cosa fa quando non corre?
“Una bella domanda. Mi piace molto andare in montagna, fare sci alpinismo; nel periodo invernale ho maggiore tempo a mia disposizione”.
Ha mai avuto paure di fallire?
“Mamma mia, non sapete quante volte! Nel 2017 volevo addirittura smettere: arrivavo sempre secondo, ma la vittoria non arrivava mai e dopo tanti anni la cosa iniziava a pesarmi. Quell’anno potevo vincere il mio primo titolo europeo, ma alla partenza dell’ultima gara si è spenta la macchina e non è più ripartita”.
Ma poi non ha mollato…
“No! E l’anno successivo, per assurdo, ho vinto il Campionato italiano, il Campionato europeo, il Master FIA, che è come un’olimpiade delle corse in salita. Ho fatto il triplete. Questo insegna l’importanza di tenere duro, anche nei momenti più difficili!”.
E per il campionato di quest’anno? Che aspettative ha?
“Spero di vincerlo. Ma non è facile. Per gli ultimi dieci anni ho corso sulla mia Osella FA30 che però quest’anno non può più correre per motivi regolamentari. Abbiamo quindi dovuto, a malincuore, cambiare la macchina, al momento sono secondo, ma vogliamo provarci”.
È difficile pilotare una macchina da corsa?
“Dopo dieci anni mi sembrava di essere… a casa mia! Ora mi devo riabituare alla nuova macchina; in generale, come in tutte le cose, serve allenamento. E mai perdere la concentrazione, perché a certe velocità – parliamo di auto che impiegano due secondi ad arrivare a 0 a 100 – o con determinate condizioni – quando è bagnato è più difficile – l’errore è sempre dietro l’angolo”.
Cosa prova mentre gareggia?
“Dipende dalla gara, se devo rischiare molto per provare a vincere, un po’ di nervosismo, è normale che ci sia quando sai che devi spingere al 110%. Però poi quando parti questo passa ed è davvero un’emozione e un divertimento guidare queste macchine che hanno una grandissima tenuta”.
Dove possiamo vederla correre?
“In Italia c’è cronoscalate.it, dove si trovano sempre risultati e anche il link per andare a vedere la diretta su YouTube”.
E, ovviamente, sul Bondone…
“Che poi è la gara in cui faccio più fatica, dato che ci sono tante curve strette. La nuova macchina, però, una Nova Proto, dovrebbe andare meglio nelle gare lente: non ho più scuse”.
Ma cosa ha provato quando finalmente, nel 2018, ha vinto la gara “di casa”?
“Mi sono tolto un bel peso”.
Quali sono gli Stati europei con maggiore tradizione?
“In Portogallo c’è una passione enorme. Così come in Repubblica Ceca, dove a un certo punto della mia carriera avevo anche pensato di trasferirmi”.
Con i suoi rivali che rapporto ha?
“Bella domanda! Sono un tipo tranquillo e mi piace mantenere buoni rapporti. Qualcun altro cerca la rivalità per creare magari un po’ di nervosismo”.
E con Simone Faggioli?
“Lui è davvero un pilota fortissimo, undici volte campione europeo della montagna. Per lungo tempo Simone è stato il pilota di riferimento e riuscire a batterlo negli ultimi anni è stata per me una bella soddisfazione. Con Faggioli c’è un bel rapporto, anche se c’è stato qualche momento di scontro, in cui faticavamo un po’ a parlarci. Ma fa parte del gioco…”.
Come si concilia il vostro sport con l’ambiente?
“Essendo appassionato di montagna, posso capire le critiche che ci vengono mosse. Penso però anche che si tratti di due giornate all’anno, contro diverse attività umane con ‘peso’ molto maggiore che però, evidentemente per motivi di business, danno meno fastidio: inquinano di più macchine come le nostre, perfettamente carburate e messe a punto, o dieci pullman, che magari hanno pure una certa età?. Penso comunque che sia importante far capire agli appassionati, alla gente che va a vedere questo sport, insomma, che devono rispettare l’ambiente in cui si trovano: a volte, appena finita la gara, sembrano essere passate le cavallette”.
Le macchine da corsa possono essere elettriche?
“Hanno iniziato a fare delle categorie soprattutto in circuito. Nelle gare in salita c’è la volontà di introdurle, ma ancora non ci sono”.
Intervista a cura della classe 1A della scuola media Arcivescovile