Saone, rinnovata l’usanza della distribuzione del sale ai capifamiglia

Le borse contenenti i pacchetti di sale destinati alle famiglie. Foto © Gianni Zotta
Saone, 29 gennaio – Il rito del sale coincide con il ritorno del sole in questo villaggio di 280 anime che fu comune autonomo sino al 1928. Nell’inverno Giudicariese, il sole fa le bizze con vari campanili. A Tione, per esempio, fa “do levàde”, perché nella tarda mattinata gira dietro la cima Sèra per poi tornare a far capolino sulla “busa”.

“A Saone – rivela Claudio Marchiori – dal 25 novembre al 14 gennaio, per un certo tempo passa dietro la cima della Piza. Arriva tardi e si fa vedere sulla parte bassa dell’abitato che è quasi mezzogiorno; vi resta fino alle 13 e 10; poi scompare, per ricomparire, ma solo per una manciata di minuti, verso le 15”.

Alla fine di gennaio, il sole compare sulla cuspide del campanile della parrocchiale di San Brizio nella tarda mattinata. Il parroco don Ferdinando Murari, costretto a gestire sette parrocchie (Tione, Bolbeno, Montagne, Preore, Ragoli, Saone e Zuclo), nel mese di gennaio va a dir la messa domenicale alle Montagne, la comunità formata dai villaggi di Cort, Larzana e Binio, in alto, dirimpetto a Saone.

 

Tuttavia, l’ultima domenica di gennaio la campana maggiore di Saone ha suonato alle 9 per chiamare a raccolta tutti i capifamiglia. Da due secoli, infatti, una volta l’anno viene adempiuto il “Legato del Sale”. Per un lascito testamentario di inizio Ottocento, ogni “fuoco” della comunità di Saone ha diritto a un certo quantitativo di sale. Così disposero con testamento vari offerenti. Prati, campi e boschi, dati in affitto a famiglie di Saone, avrebbero fruttato quanto bastava per acquistare il sale da distribuire ai “vicini”. Fino alla prima metà del XX secolo, il sale costituì un alimento raro. In tempo di guerra poi ancora di più. Serviva per gli uomini e per gli animali. Ancor oggi, il 17 gennaio, S. Antonio abate, nei paesi dove le stalle hanno ancora animali (dalla Val di Non alla valle del Vento) è benedetto il sale che sarà usato come “medicina” per le bestie di grossa taglia. In altri paesi, a Iavrè per esempio, usa ancora distribuire il sale a conclusione del funerale. Ogni volta che servirà per la minestra o l’insalata sarà detta un’orazione (“’na rechia”, un requiem) per il defunto donatore.

Nel Banale, invece, ma anche a Caderzone, dopo le esequie, al posto del sale è distribuito il pane. Simile a quanto disposto nei testamenti degli appestati di Preore (1631). Era contemplata la distribuzione di farina di frumento e olio a tutti i capifamiglia perché, nell’anniversario della scomparsa, il donatore fosse ricordato con messe e orazioni.

È quanto capita anche oggi con il “Legato pio del sale di Saone”.

Daniele Cerana, presidente della Fondazione ricostituita nel 2013, rivela che, oltre a una borsa di generi alimentari da assegnare a ogni famiglia, il “Legato sale” contempla anche la celebrazione di tre messe in suffragio dei benefattori. “Sono coloro che hanno lasciato i loro averi a beneficio dei poveri della parrocchia”.

Tuttavia, la gestione del piccolo patrimonio (un appartamento a Tione e vari terreni agricoli dati in affitto; nel 2016 hanno fruttato 4.688 euro) è completamente slegata dall’amministrazione parrocchiale. Anzi, non ha nulla a che fare neppure con l’amministrazione comunale. “Il Legato sale è soltanto cosa nostra” sottolinea con orgoglio Claudio Marchiori il quale, assieme ad Antonio Beccari, è consigliere della Fondazione. Fu gestito dalla Congregazione di carità, sorta nel 1811 con decreto del governo italico proprio per amministrare i sussidi e altri benefici a favore dei poveri. Quando, nel 1937, tale Congregazione fu soppressa dal Fascismo e ogni lascito passò agli ECA (Enti comunali di assistenza), la comunità di Saone, il cui comune era stato inglobato (1928) in quello di Tione, rivendicò la totale ed esclusiva gestione del “Legato sale”. Del resto, essendo una Istituzione privata con propria autonomia patrimoniale, resta esclusiva dei capifamiglia di Saone. Così come a Darzo, in valle del Chiese, il Legato sale e il Legato Scolastico sono gestiti dall’ASUC, l’associazione degli Usi Civici.

Ricorda Silvio Marchiori che “fino agli anni Sessanta, ai capifamiglia di Saone era data soltanto una porzione di sale. Poi la distribuzione si è ampliata con altri generi alimentari”.

A Saone, quest’anno, i capifamiglia hanno ricevuto un borsa contenente: sale grosso e fino, farina di mais per la polenta, pasta, zucchero, cioccolato. La razione intera è stata assegnata a 54 famiglie formate da più componenti; mezza borsa invece è stata assegnata a 40 persone singole.

Nel giorno della distribuzione del sale, nel bar “Al Sole” di Saone si parlava d’altro. Più che il Legato ottocentesco, teneva banco la protesta della maggior parte della popolazione contro il progettato “biodigestore” che dovrebbe essere realizzato nella zona della discarica di là dal cimitero, in direzione di Tione. Una scelta “indigesta” manifestata con lenzuola e scritte a caratteri cubitali appese ai balconi. Diceva un avventore: “Quei che ha avù stà pensàda no i gà sal ‘n del cò” (coloro i quali hanno avuto questa idea non hanno sale in zucca).

Già il sale. Bene prezioso, soprattutto quando manca.

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