La favola di Fedro, secondo il presidente dell’associazione Docet Giovanni Ceschi, “rende bene il tenore della replica di Francesca Gerosa a Giulia Bortolotti, che ieri ha rassegnato le dimissioni da presidente del Consiglio del sistema educativo provinciale“.
“Perché – disse – mi hai fatto diventare torbida l’acqua, mentre bevevo?”. E l’agnello di risposta: “Come posso aver fatto quello di cui ti lamenti, o lupo? L’acqua scorre da te a me!”. E quello, respinto dalla forza della verità: “Sei mesi fa hai parlato male di me!”. Rispose l’agnello: “Veramente… non ero ancora nato!”.
“Invece di rispondere nel merito alle gravi questioni sollevate dalla professoressa (secretazione degli ormai mitologici ‘tavoli di lavoro’ dell’assessorato, impossibilità di svolgere le proprie funzioni consultive e d’indagine conoscitiva previste dalla legge 5/06, ostruzionismo nel protocollo delle convocazioni e nella pubblicazione dei verbali dell’organismo) l’assessora si trincera dietro a formule di prammatica – le critiche sono immancabilmente ‘strumentali e tendenziose’ ma non si spiega mai perché – e soprattutto capovolge la realtà fattuale”, aggiunge Ceschi.
“Secondo la legge provinciale sulla scuola, il CSEP non è un satellite dell’assessorato a disposizione del governo scolastico per fare carteggio e corteggio a decisioni già prese, ma ‘organo di partecipazione e rappresentanza delle componenti della comunità scolastica’. Così, chi è stato ridotto al silenzio e all’impotenza da un apparato che ha il potere di prosciugare ogni fonte d’informazione e d’impedire persino che la sua voce sia udita all’esterno, si sente accusare di non avere svolto quelle funzioni che solo la disponibilità delle informazioni e la piena efficacia comunicativa consentono di svolgere. Di più, e di peggio (è la storia eterna del lupo e l’agnello): si ritorce l’accusa di prepotenza e si va sul personale, con una violenza di toni incompatibile con una dialettica istituzionale”.
Le dimissioni di Bortolotti, sottolinea ancora Ceschi, sono “una pessima notizia per la Scuola trentina e dimostrano ancora una volta che il governo scolastico trentino ha paura di voci libere e teme il dialogo fino a cancellare lo spazio di un’effettiva dialettica democratica”.