Governo, un passaggio complicato la sfiducia al ministro Bonafede

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede

Quel che sarà complicato da archiviare non sarà la faccenda della sfiducia individuale a Bonafede. Far passare quella significherebbe far cadere il governo, cosa che in questo momento sono in pochi a volere. Neppure le opposizioni sono veramente su quella linea, per la semplice ragione che non è vero che così si andrebbe subito alle elezioni. Anche ammesso che venissero effettivamente sciolte le Camere, cosa non così automatica, non si potrebbe votare prima di ottobre, il che vorrebbe dire avere almeno sei mesi con un governo di transizione (sono quattro mesi per andare a votare più due mesi per mettere le nuove Camere in grado di funzionare). E quale sarebbe questo governo? Già questa è una domanda imbarazzante. Potrebbe essere più o meno il governo attuale lasciato in carica per l’ordinaria amministrazione, o un governo di tregua che provasse a presentarsi come super partes. Va però tenuto presente che la “ordinaria amministrazione” significherebbe di fatto avere un controllo con ben pochi freni sulla gestione della prima fase di distribuzione dei 55 miliardi del decreto Rilancio, ormai firmato da Mattarella.

Detto ancora più chiaramente: si tratterebbe di gestire in queste condizioni, di precarietà da un lato e di tutti contro tutti pre-elettorale dall’altro, non solo il varo del centinaio circa di provvedimenti attuativi che sono necessari per far funzionare il decreto, ma anche il passaggio parlamentare con cui il decreto diventa legge, altra fase in cui si sviluppa sempre un forsennato assalto alla diligenza.

Queste cose i politici le sanno benissimo, anche se non ne parlano in TV, perché non fa audience. Sono le ragioni per cui a tutti conviene tirare la corda, a nessuno buttar giù un governo dai piedi d’argilla come quello presieduto da Giuseppe Conte, per andare verso il buio di un’avventura.

Ecco perché una scappatoia per non essere incastrati sotto le sorti del pessimo ministro Bonafede si è trovata. Non si pensi che le mozioni di sfiducia siano state inutili. Sono servite a tutti, sebbene da punti di vista diversi. Alle opposizioni per far vedere che loro ci sono e sono in grado di snidare la solidarietà poco presentabile della coalizione. Alla maggioranza per redistribuire un po’ di pesi al proprio interno: se con il rimpasto di cui si favoleggia, o con qualcosa di meno clamoroso lo vedremo presto. A tutti comunque è servito per indebolire ulteriormente il premier, legato anche troppo al suo ministro, spingendo ancor più nel caos i Cinque Stelle, che ogni giorno perdono qualcosa del poco di credibilità che era rimasta loro. Perché quel che è evidente nella vicenda Bonafede e che si riverbera nell’azione di tanti altri pentastellati, a cominciare da Di Maio, è che sono personaggi incastrati in giochi che non dominano, in cui nell’illusione indotta di risistemare il quadro del potere italiano, sistemano cordate di abili personaggi che non hanno avuto remore a salire sul loro carro (ovviamente concedendo ai Cinque Stelle anche qualche strapuntino, seppure di marca, per i loro gruppi di amici).

La complessità di questa situazione è ben presente nelle classi dirigenti italiane. La bagarre che è stata accesa sull’ipotesi di un attacco del gruppo FCA che ha acquisito “Repubblica” e “La Stampa” al governo Conte che non piacerebbe ai poteri forti nasce dal timore che hanno di vedersi ridimensionate le cordate di potere che si sono accampate all’ombra della piccola rivoluzione pentastellata. Non temono che Conte venga fatto cadere, perché sanno benissimo che la situazione non è favorevole per un’operazione del genere. Temono molto più che Conte venga indebolito al punto da renderlo molto disponibile a sbarazzarsi dei condizionamenti di quelli che prima l’hanno messo al potere e che ora lo stanno sciogliendo a fuoco lento.

Tutto si inserisce nel quadro della gestione della cosiddetta seconda ricostruzione. Ci sono già un bel mucchio di miliardi da gestire e si è visto che adesso si è ricorsi al “decretone” (266 articoli nella versione finale) accontentando il maggior numero di interessi possibili. Ma altri miliardi arriveranno dall’Europa e si tratterà di una grandissima opportunità per risistemare il quadro italiano. Potrebbe essere un’occasione per farlo in modo virtuoso, correggendo i molti sbandamenti degli ultimi quarant’anni, ma anche un’occasione perversa per spartire fra lobby, correnti, interessi vari un succulento bottino.

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