Con il passo di Ambalakilonga

Ha trascorso un anno in Madagascar Martina Alessandrini, giovane donna, 26 anni, di Nave San Felice. Ha vissuto un tempo intenso e impegnativo – ma oltremodo gratificante dal punto di vista della crescita personale – ad Ambalakilonga, “il villaggio dei ragazzi”, per conto dell’associazione “Educatori senza frontiere”.

Sulla scia di sua zia Marisa che ha fatto nel corso della sua vita diverse esperienze di volontariato in Africa e in Sud America (“i suoi racconti mi hanno affascinato”, commenta) anche Martina ha voluto provare a camminare le strade di quelle terre. E’ tornata da qualche mese e i suoi occhi e il suo sguardo brillano ancora per quell’esperienza che l’ha “segnata” in modo profondo, singolare. Lavorava come educatrice presso la Comunità Murialdo e ha voluto prendersi questo tempo per sé (e per gli altri) – optando per il servizio civile – e al rientro ha potuto riprendere il suo posto, con una spinta in più, caricata, un entusiasmo che sprizza.

Durante la sua esperienza, Martina ha lavorato come educatrice all’interno di Ambalakilonga, che è una comunità per ragazzi tra i 12 e i vent’anni che vengono dalla strada, dall’orfanotrofio, da situazioni di povertà e abbandono. Ma non solo. Ambalakilonga è anche una scuola materna per un centinaio di bambini. È “Human”, la prima scuola per educatori di tutto il Madagascar.

Martina ha avuto la possibilità di sperimentarsi anche in alcune realtà locali, con le quali Ambalakilonga ha creato rete nel corso degli anni. Ha lavorato all’interno del carcere locale, sia quello minorile, che quello femminile. Ha lavorato in alcune strutture locali per disabili e nella scuola per bambini sordi.

“La bellezza dell’esperienza – commenta Martina – è che ogni giorno era diverso dall’altro. Abbiamo osservato e conosciuto le varie realtà in punta di piedi e poi ci è stata data tanta fiducia. Abbiamo potuto metterci in gioco al 100 per cento”.

“Ogni singola realtà, ogni singolo incontro – continua Martina – ci ha arricchito. Ci ha insegnato che, soprattutto nei momenti di difficoltà, è importante cercare e trovare occasioni per ripartire, prendere coscienza che si può sempre ricominciare da se stessi. Ci ha trasmesso la forza dell’avere fiducia, autostima, consapevolezza di sé”.

E’ proprio vero – sembra essere un monito e un insegnamento che questa giovane donna trasmette – che l’importanza di una vita non dipende, come diceva don Lorenzo Milani, dal posto dove la si vive ma da tutt’altre cose, da tutt’altri valori e circostanze di arricchimento personale.

Martina Alessandrini nel corso dei mesi trascorsi sull’isola africana ha tenuto un diario, che, con descrizioni semplici e al tempo stesso profonde, racconta le esperienze, gli incontri, le emozioni vissute. Chi legge è portato a prendere consapevolezza di certe cose “preziose” di cui non si ha piena consapevolezza o che si prendono sotto gamba non avvertendo in pieno il loro essere preziose. Scrive Martina: “I malgasci vivono ‘mora, mora’ che significa ‘piano piano’, che non vuol dire non aver foglia di fare”. Richiama piuttosto il motto di Alexander Langer, il leader pacifista mancato troppo presto, ad un vivere (qui, noi, in occidente, in Italia e in Trentino) lentius, profundius, soavius, un vivere più lento, più profondo, più soave.

E’ in Madagascar Martina quando scrive “non voglio perdere neanche un attimo di quello che sto vivendo e vedendo. Fermarsi ad osservare e prestare attenzione alla bellezza delle piccole cose, dei gesti quotidiani”.

“Fermarsi e vivere”. E ancora dice Martina: “Ho scelto il servizio civile per regalarmi una possibilità, per riscoprirmi e meravigliarmi ancora (…) Per regalarmi nuovi occhi con cui guardare me stessa e gli altri”.

Questa giovane donna – dallo sguardo luminoso – invita tutti a saper gustare quello che chiama “il sapore della leggerezza”. E cita un proverbio malgascio: “Chi si unisce è come la roccia, chi si separa è come la sabbia”. E non ci vuol troppo per capire cosa ha scelto lei per percorrere la sua strada.

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