Professione parità

Ricerca e progetto formativo tra i banchi dell’Istituto Comprensivo Trento 6. Tra bambine e bambini resistono gli stereotipi di genere, ma cresce anche la capacità di sottrarsi ai modelli mediatici

Il poliziotto o il politico lo possono fare solo gli uomini? “No” dicono poco più della metà di alunne e alunni di IV e V elementare (“Schmid” nel capoluogo, Sardagna, Vela, Sopramonte e Cadine) e dei tre anni delle medie inferiori “Manzoni”, Istituto Comprensivo Trento 6. Ma se chiedi loro della cura della casa o del pilota d’aereo non c’è dubbio: per il 70% sono appannaggio rispettivamente delle donne (l'abitazione) e dell’uomo (il velivolo).

Resistono gli stereotipi di genere, dice la ricerca condotta dalla sociologa Giulia Selmi per il Centro studi interdisciplinari dell’Università di Trento, ma si notano segnali importanti di superamento del condizionamento culturale. «Chiaramente un questionario per questa età – spiega Selmi – ha bisogno di un linguaggio semplice, diretto, con esempi concreti come l'elenco delle possibili professioni. Ambiti come la cura dei bambini e lo spazio domestico sono di prevalenza femminile, altri lavori legati alla forza fisica e all'ingegno restano fortemente maschili. L'aspetto che ci ha colpito è la risposta alla domanda su quale importanza abbiano la bellezza, il corpo e l'esposizione di sé nell'avere successo nella vita. Ci aspettavamo un'influenza dei modelli stereotipati soprattutto mediatici che emergono ad esempio dalla pubblicità. In parte c'è, ma emerge chiaramente anche la capacità di sottrarsi ai modelli soprattutto sulla questione del corpo femminile». Proprio le bambine, che vivono la stigmatizzazioni più forti, hanno infatti identificato gli aspetti discriminatori di questi modelli: «Hanno messo in luce piuttosto la volontà di cercare i propri talenti e alimentare i sogni come via per la realizzazione di sé. Ma anche da parte dei bambini alla domanda “è vero che un uomo non deve piangere mai?” si sono sottratti a questo modello, rivendicando anche una vulnerabilità del maschile».

Il progetto dal titolo “ImPARIamo a scuola”, nato su input della dirigente Paola Pasqualin, ha previsto per insegnanti e genitori incontri formativi terminati la scorsa settimana con la proiezione del film autobiografico “Stella” della regista Sylvie Verheyde.

«Partendo dalla ricerca – sottolinea Valentina Musmeci, la docente che lo ha coordinato – abbiamo fatto formazione con gli insegnanti e i genitori. L'educazione alla parità di genere deve essere intesa non come volontà di uniformare i generi, ma di offrire pari opportunità di crescita, cultura e lavoro a ragazzi e ragazze. Nessuna intenzione di sovvertire gli stereotipi, ma pluralità di occasioni di immedesimazione».

Una classe delle medie in particolare ha lavorato in via sperimentale sulla questione relativa agli stereotipi nei media e nell'arte. Il laboratorio confluirà a breve in pannelli fotografici, con una serie di scatti simbolici che finiranno poi per tappezzare il sottopasso di via Lampi, tra corso Buonarroti e stazione.

«Ma l'impegno – ribadisce Musmeci – è di estendere in generale tra i banchi scuola laboratori, letture, rappresentazioni teatrali, riflessioni in cui sviluppare nuovi modelli, immaginando una società libera di essere magari più fragile ma anche più umana, vera e generosa, capace di sussidiarietà tra maschile e femminile».

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