Under 35, luci e ombre

Il Rapporto dell’Istituto Toniolo offre un’accurata panoramica sul mondo dei considdetti “millenials”

È una generazione in bilico, quella dei “millennians”, i nati nei primi anni ottanta e primi anni Novanta: l’Italia registra, infatti, la quota maggiore in Europa di chi non studia più, ma ancora non lavora. A dire questo è il recente Rapporto sulla condizione giovanile in Italia, curato dall’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica, un percorso nell’universo giovanile, che prende in esame la dimensione educativa e sociale, insieme al mondo del lavoro.

L’Italia rimane una delle economie avanzate che manifesta difficoltà ad incoraggiare un ruolo attivo e positivo delle nuove generazioni, quindi più evidente risulta – rispetto ai coetanei europei con pari titolo di studio – la condizione di sottoccupazione, sotto inquadramento e bassa remunerazione. Se si prende la generazione di chi aveva 20-24 anni a inizio crisi e la si segue nei dieci anni successivi, si nota come l’incidenza degli inattivi, in termine tecnico Neet (che non studiano e non lavorano), sia continuamente cresciuta, salendo dal 21,3% al 29,1%. Di fatto troppi giovani italiani non vedono sostanziali progressi nella costruzione del proprio progetto di vita, con la conseguenza di rivedere progressivamente al ribasso i propri obiettivi. Tanto che la percentuale di chi pensa che si troverà senza lavoro nel mezzo della vita adulta (a 45 anni) sale dal 12,6% di chi ha 21-23 anni al 34,9% di chi ha 30-34 anni. Si tratta del valore più altro in termini comparativi con gli altri grandi paesi europei.

Il record italiano in Europa di under 35 inattivi da un lato riduce le possibilità di crescita economica del Paese, ma va anche a inasprire una combinazione negativa tra diseguaglianze generazionali, sociali, geografiche e di genere.

Il rapporto mostra come la famiglia giochi “un ruolo fondamentale nel socializzare i giovani al rispetto delle leggi e allo sviluppo di una cittadinanza attiva”, mentre emerge una debolezza strutturale di altri “agenti mediatori che non sembrano contribuire in modo significativo ai processi di formazione della coscienza civica”.Serve oggi mettere nelle condizioni questa generazione di esprimere le proprie potenzialità: i “millennians” infatti sono in grado di raccogliere le molte sfide di questi tempi: sono nativi genitali, ampiamente connessi, sono i migliori alleati del cambiamento, generatori di qualcosa di diverso.

Infatti, i dati contenuti nel Rapporto mostrano come nei giovani sia forte il desiderio di migliorare non solo le proprie condizioni oggettive e individuali, ma di sentirsi parte attiva di una comunità che rafforza senso di appartenenza, benessere sociale e relazionale.

Emerge con forza l’importanza delle relazioni amicali che co-partecipano “ai processi di socializzazione” e contribuiscono a “determinare l’identità”. Ben il 77% dei giovani coinvolti dalla ricerca dice di avere un gruppo di amici. Oltre a ciò, “la socialità, la convivialità e l’abilità di saper stare in gruppo sono competenze oggi molto apprezzate come caratteristiche della personalità individuale e anche come abilità spendibili nel mercato del lavoro”.

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