Aspettando una buona notizia

Testimoniare la fede significa portare al mondo una buona notizia, come aveva fatto Gesù

Che bello quando arriva una buona notizia specie nei momenti più difficili! La aspettiamo con trepidazione, a volte siamo talmente sfiduciati da non pensare che essa giungerà, perché ormai non c’è niente da fare, la situazione in cui siamo resta immutabile. Oggi i mezzi di comunicazione quotidianamente ci travolgono con notizie di conflitti, di stragi, di violenza; sembra che il mondo stia andando verso una completa barbarie. Allora nascono i siti Internet che vogliono dare soltanto buone notizie, magari arrampicandosi sui vetri oppure segnalando sciocchezze o eventi davvero inutili. Così nella nostra vita di ogni giorno desideriamo di poter godere di una realtà diversa, speriamo di trovare nuove possibilità, vogliamo uscire da noi stessi e delle nostre inquietudini per respirare aria fresca. Se poi non sperimentiamo niente di tutto questo, ecco che smettiamo di attendere, cercando di sopravvivere attraverso il grigiore di una esistenza sempre uguale a se stessa. Non bastano le vacanze o il divertimento, presto, troppo presto, torna il lavoro usato, torna l’abituale sofferenza.

Gesù si presenta al mondo come il messaggero di un annuncio lieto, gioioso, attraente, capace di cambiare la vita. È il Vangelo. Allora quella notizia aveva smosso il cuore di semplici pescatori. Dovevano essere uomini in ricerca, in attesa di qualcosa. 2000 anni fa nella terra di Israele c’era un fervore religioso molto diffuso, ma anche un acceso sentimento identitario che sognava la liberazione dal giogo straniero e la restaurazione del regno di Davide. Insomma qualcosa nell’aria faceva presagire l’avvento di una grande novità. E poi: di che cosa avevano parlato i profeti? Che cosa si poteva leggere nelle sacre scritture? Dio doveva ancora compiere prodigi in favore del popolo. Un nuovo liberatore sarebbe giunto. Le promesse di Dio si sarebbero adempiute. Guardando Gesù che li chiamava, i primi discepoli sulla riva del lago di Galilea avranno pensato a questo.

Gesù portava sulle strade della sua terra una buona notizia: il regno di Dio è vicino. Dio stesso è vicino: è padre misericordioso. Non c’è un abisso tra la terra e il cielo, perché Dio ci ama per primo e viene in cerca dell’uomo e della donna a prescindere dai loro comportamenti morali. Per questo annuncio di perdono si può incominciare una vita nuova, secondo la logica delle beatitudini. Una logica soprannaturale che supera l’ordine della natura in cui sono i poveri, gli umili, i malati, i carcerati, gli stranieri a dover soccombere. Gesù parla invece di una alternativa voluta da Dio: il mondo si regge sui giusti, cioè sui miti, sui puri di cuore, sui portatori di pace, sulla sofferenza dei perseguitati in nome di un modo di vivere veramente degno dell’uomo, ma negato da chi si basa sulla paura e sulla sopraffazione dell’altro. La logica delle beatitudini porta alla felicità e al successo. Agli occhi del mondo l’amore porta spesso al fallimento: questo si potrebbe dire anche della vicenda terrena di Gesù. Neppure la sua resurrezione ha trasformato la terra. Eppure con il suo annuncio, concretizzato nella sua esistenza fino alla fine, Gesù diventa il Cristo, quell’uomo è l’incarnazione di Dio, è, se così si può dire, la carne che divinizza, la via che conduce verso il cielo. Il suo stile di vita può aprirci il cielo. Anche adesso. Chi lo ha seguito per davvero ci ha lasciato la testimonianza che questa via porta alla felicità, all’appagamento, a una pace intesa come compimento e pienezza.

Che cosa resta oggi di questo bellissimo annuncio? Noi cristiani non crediamo più a questa buona notizia. Anzi, non sappiamo che cosa sia la buona notizia di Gesù. Forse perché, troppo abituati a sentirla, la diamo per scontata. Se però facciamo un vero esame di coscienza, scopriamo una triste verità: non capiamo più il Vangelo. Che cosa ci racconta? Che cosa significa salvezza? Redenzione? Sapremmo raccontare a chi ignora completamente il cristianesimo in che cosa crediamo? Ho paura di no.

Testimoniare la fede significa però portare al mondo una buona notizia, come aveva fatto Gesù. Questa è la nostra vocazione: narrare al mondo il messaggio di Cristo. Cosa portiamo invece? Un’etica più o meno ragionevole e oggettivamente valida? Un modo di vivere moderato, senza eccessi ma anche senza slanci? Alcune dottrine per capire meglio la vita? Cosa vuol dire oggi parlare del Vangelo? Cercare di comportarsi come Gesù, altra risposta non riesco a darla.

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