Ben che ascolta il mare, una fiaba anche per i grandi

Con “La canzone del mare” il regista irlandese Tomm Moore, ha meritato la candidatura all’Oscar

Sulle coste del mare d’Irlanda, vive il piccolo Ben con il babbo e l’adorata madre. Una sera, la mamma scompare, lasciando a Ben una conchiglia per ascoltare la canzone del mare e un sordo rancore per la neonata sorellina che ritiene responsabile della sua misteriosa sparizione. Gli anni passano, Ben cresce, seguito come un’ombra da Saorise,  che però non parla ed è inspiegabilmente attratta dal mare. A causa di un incidente, la nonna, che ritiene il padre incapace di badare ai figli, porterà via con sèsé i due bambini. Ma Ben non ci sta: la notte di Halloween, fuggirà con la sorellina cercando di trovare la via di casa.

Sarà un viaggio avventuroso, che li porterà dentro e fuori da un mondo fantastico, abitato da misteriose creature che stanno rischiando di morire e che solo Saorise con il suo canto potrà può salvarle, perché anche lei è una di loro. Ma la piccola non può riesce a cantare senza il suo cappotto magico, che il padre ha gettato in mare per paura di perderla, come è accaduto alla madre. Ben inizia così una corsa contro il tempo per salvare la sorella e il mondo fatato, ma anche per dare finalmente pace al padre.

La Canzone del Mare è una storia animata di grande fascino, opera del regista irlandese Tomm Moore, che ha meritato la candidatura all’Oscar diventando in breve tempo un piccolo cult. Il primo impatto è visivo: le figure hanno tratti morbidi e rotondi; gli ambienti rimandano all’arte celtica, ma anche ad artisti come Klee, Mucha e Kandinsky. Ciò che colpisce è la tecnica usata, bi- e tri-dimensionale, a mano, classica ma nel contempo innovativa. Il risultato è inizialmente straniante, abituati come siamo a tutt’altri effetti, ma poi le immagini catturano l’attenzione e incantano gli occhi, mentre la storia alterna due mondi che si scoprono essere complementari, talvolta sovrapposti, l’uno visibile, l’altro invisibile, ma non per questo meno reale.

La perizia di Moore e del suo team, sta nell’aver costruito una storia fiabesca che in realtà è metafora della crescita di un bambino e il regista lo fa con delicatezza, senza nasconderne gli angoli oscuri: c’è l’amore, ma anche il dolore; ci sono la paura, la rabbia, la ribellione, ma anche il coraggio e la forza, soprattutto quella dei sentimenti. Ben si ritroverà ad esser il salvatore di due universi, quello in cui lui vive e quello mitico e leggendario che esiste da tempo immemorabile, da cui provengono la mamma e la sorella: la porta tra i due non dovrebbe mai chiudersi perché se muore l’uno, l’altro si spegne.

Per molti versi il lungometraggio ricorda Il castello errante di Howl e come quest’ultimo non sempre i rimandi e il simbolismo sono di immediata comprensione, ma si coglie ugualmente l’eco di qualcosa di conosciuto, come accade con le fiabe. La canzone del Mare è in programmazione a Rovereto, Auditorium Melotti, sabato 29 ottobre, alle 21.

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