Che mattino!

Si stancherebbe una lucertola di stare al sole? Un pesce nell’acqua? Una roccia di essere roccia?

“Oh Signore che mattino! Oh Signore che mattino! Quando un giorno ti vedrò” canta uno spiritual nero-nord americano con grande nostalgia di ristoro e di gioia. Tra noi, bianco-nord italiani, ad ogni accenno al Paradiso, è più facile sentirsi rispondere, anche da credenti: “Ma non ci annoieremo? Tutta l’eternità a stare e a guardare?”. Ci vorrebbe la penna dell’apostolo Paolo e non basterebbe! Si stancherebbe una lucertola di stare al sole? Un pesce nell’acqua? Una roccia di essere roccia? I polmoni di respirare ossigeno? L’acqua di scendere a valle? Un’ape a fare il miele? E’ la natura! Lui è la nostra natura! Per noi è un tornare a casa. Senza ipotesi alternative, se non il nulla a parte questa breve vita da crostacei terrestri. E questi, sì, sempre più annoiati.

Senza alternative? Disperata nostalgia o surrogati. Surrogati nei quali siamo espertissimi, ma non ci hanno soddisfatto. Per quanto si siano resi disponibili a reiterarsi, ad alternarsi, a succedersi in modelli sempre nuovi.

E invece lassù un sempre nuovo “Oh” di meraviglia.

Ci annoieremo? Possono una mamma e un bimbo annoiarsi di stare nell’abbraccio? Due innamorati di stare assieme? Dei ricercatori di accanirsi nella ricerca? Un appassionato di montagna stancarsi delle altezze? Un campione di scacchi staccare gli occhi dalla scacchiera presente o assente davanti a lui? Un compositore, magari sordo, smettere di ricevere note? Uno scrittore sottrarsi al nuovo romanzo che gli scende dalle dita? Un buongustaio annoiarsi del gusto, un mistico sfuggire all’estasi?

E se questo fosse possibile non lo sarà mai con Lui. Anche ricordi da gustare, da capire in profondità con collegamenti quaggiù non mai del tutto scoperti.

Con la nostra morte noi entriamo nel Risorto e l’”essere sempre con il Signore” esclamato da Paolo nella sua prima lettera ai Tessalonicesi (4, 17) diventa forse la migliore formula di fede sull’aldilà.

Saremo tutti interi, identici a noi stessi, ma con una salute, una fisicità, un buonumore, una serenità completamente diversi da quel poco che racimoliamo quaggiù anche nei momenti migliori.

Ti dispiacerebbe tanto, ti annoieresti a stare accanto a un Gesù splendente, capace di comunicare se stesso e il suo travolgente amore per te, di metterti in continua piena comunicazione con i tuoi cari? Non sarà un semplice a tu per tu, ma un coro di gioia e di entusiasmo. Quanta fatica a comunicarsi e a capirsi tra noi anche e specie quando ci vogliamo bene! Con Lui nei semplici nostri sguardi lo capiremo e ci capiremo, quanto lunghe ore di confidenze non bastano quaggiù. Un coro, un colloquiare confidenziale, una musica e una danza per liberarci dalla troppa felicità e per espanderla, diffonderla, donarla, riceverla ancora e ridonarla infinitamente di più che nel giorno più felice della nostra esistenza.

Mi accorgo, io mentre scrivo, che tutto il nostro possibile è solo un balbettio e ti accorgi tu, se ancora leggi, come abbiamo la statura di un bimbo che immagina la sua vita da adulto.E Lui, il primo che non si annoia, e se non si annoia Lui! Sorride felice di noi e per noi. Il suo racconto di sé è sempre nuovo. Meglio di un nonno che alla buona notte incanta di affetto e nuovi desideri i suoi nipotini.

My Lord what a Morning.

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