Chi è il più grande di tutti?

I lettura: Sapienza 2,12.17-20;

II lettura: Giacomo 3,16 – 4,3;

Vangelo: Marco 9,30-37

Il male delle malattie fa soffrire, ma il male che viene dalle persone – vicine o lontane da noi – fa soffrire molto di più. Perché alcuni fanno soffrire altri, e a volte in modalità spaventose? “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? – chiede l’apostolo Giacomo nella seconda lettura di questa domenica. E risponde lui stesso: Guerre e liti non vengono forse dai vostri egoismi che fanno da padroni dentro la vostra vita? Siete pieni di desideri, ma non riuscite a realizzarli, ecco che allora combattete, uccidete e fate guerra!”. Il vangelo, con il consueto linguaggio della vita, lo dice in altro modo. Gesù sta camminando davanti al gruppo dei suoi discepoli, sente che dietro chiacchierano e discutono alla grande, e quando arrivano a Cafarnao (dov’erano diretti), chiede: Cosa avevate di tanto interessante su cui discutere lungo la strada? Ed essi tacevano… come dei ragazzini sorpresi nel bel mezzo di una marachella che stavano combinando. Tacevano perché lungo la strada avevano discusso su chi tra loro fosse il più grande: il più intelligente, il più capace, il più quotato, il più importante insomma. Quante sofferenze atroci ha causato questa presunzione, e quante ne continua a provocare anche ai nostri giorni: c’è malattia, epidemia peggiore di questa? Ovvio che alla fin fine è tutta una maschera, e quanti la indossano sono come tutti gli altri: individui che vengono al mondo senza niente e senza niente se ne andranno… ma loro non accettano questa verità: preferiscono la maschera, l’illusione di essere grandi. Ed ecco la reazione di Gesù. “Chiamò i dodici e disse: Se uno vuol essere il primo (il più grande!), sia l’ultimo di tutti, il servo di tutti”. Poi prese un bambino, lo pose in mezzo e, abbracciandolo con affetto disse: Ecco chi è il più grande! Perché chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me, e in me accoglie nientemeno che Dio, colui che mi ha mandato”. Pertanto, vuoi essere davvero grande, importante? Fatti piccolo, fatti servo: sarai nella condizione di vedere e valutare tutto e tutti nel modo giusto, dalla prospettiva di Dio.

Voglio esemplificare con una storia (una volta tanto!). Accaduta in India. Una bambina di 8 anni ha un fratellino più piccolo, malato di tumore al cervello. La famiglia è poverissima e ha già speso tutte le sue risorse per cure che si sono rivelate inutili. Una sera il papà si rivolge alla mamma, che sta piangendo in silenzio, e le dice: “Penso che siamo proprio alla fine. Solo un miracolo potrebbe salvarlo ormai!”. La bambina, rannicchiata in un angolo, ha sentito tutto; va nella sua cameretta, prende il salvadanaio, lo svuota e con quel po’ di spiccioli corre, senza dare nell’occhio, fino alla più vicina farmacia. Entra, si avvicina al banco, si rizza in punta di piedi e mette lì tutti suoi spiccioli davanti al farmacista che, meravigliato, le domanda: “Cosa vuoi, piccola?”. “Sono per mio fratello, Andrea, signor farmacista. È molto malato e sono venuta a comprare… un miracolo: quanto costa?”. “Ma che dici?!” le risponde il farmacista. “Sì, replica la bambina, Andrea ha un grandissimo bottone che spinge da dentro la testa; papà ha detto a mamma che solo un miracolo può salvarlo. E io, che gli voglio bene, sono venuta apposta per comprare un miracolo!”. Il farmacista, con un sorriso un po’ triste, le risponde: “Vedi, piccola, noi qui non vendiamo miracoli…”. “Ma guardi che se i soldi non bastano – ribatte la bimba – posso provare a cercarne degli altri: quanto costa un miracolo?”. Nel locale, proprio in quel momento, c’è un signore alto e distinto che ascolta quella strana conversazione. Mentre la bambina, rattristata e delusa sta raggranellando i suoi pochi risparmi per andarsene, le si avvicina e le chiede:“Perché piangi piccola? Cosa succede?”. “Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa…Ma mio fratello Andrea è molto malato. Mamma e papà hanno detto che ci vorrebbe un’operazione, ma che costa troppo e non abbiamo i soldi per pagarla. È per questo che ho portato tutto quello che avevo”. “E quanto è?” chiede quel signore. “Un dollaro e undici centesimi… ma forse potrei trovarne ancora un po’…”. “Non è necessario, risponde il signore. Un dollaro e undicimi centesimi sono esattamente il prezzo di un miracolo”. Prende per mano la bambina e le dice: “Portami a casa tua; vorrei vedere il tuo fratellino, e anche tuo papà e tua mamma, e decidere con loro se posso trovare il miracolo di cui avete bisogno”. La bambina e il signore partono insieme verso casa, mano nella mano. Quel distinto signore, guarda caso, è il dott. Amstrong, famoso neurochirurgo americano. Prende con sé il bambino, effettua l’intervento, e dopo alcune settimane il piccolo se ne torna a casa: guarito. Ai suoi genitori non sembra vero: “È stato un miracolo”, dicono. Ma quella bambina sapeva che quel miracolo era costato un dollaro e undicimi centesimi, oltre a tutta la fiducia e a tutto l’amore di cui lei – bambina di otto anni – era stata capace. Qualcuno potrebbe obiettare: “Un caso… semplicemente un caso!”. Sì, il “caso” (ha detto qualcuno) è uno dei nomi di Dio, allorchè vuol restare anonimo. Per cui anche questa storia ci può aiutare a capire perché mai Gesù ha posto al centro un bambino e lo ha indicato come il vero grande, il più grande di tutti.

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