“Con l’acqua zampillante della vigilanza”

Is 63,16-17.19; 64, 1-7;

Sal 79;

1 Cor 1,3-9;

Mc13,33-37

Iniziare un nuovo cammino, ripartire e lasciarsi «forare l’orecchio» da una Parola che sempre ci sorprende, che con sollecitudine ci precede e che nell’intimo di noi ci inquieta diventa una sfida che raccoglie un desiderio inesauribile di vita. È il desiderio appassionato, come roveto ardente, di imparare nuovamente a mettere a fuoco orizzonti alti e altri, capaci di dare senso ai nostri passi a volte incerti sul sentiero della vita.

Le ultime domeniche del mese di novembre ci avevano già fatto percepire che ci stavamo avvicinando al termine di una parabola liturgica durata un anno. Di domenica in domenica, al ritmo del tempo del Signore, eravamo stati invitati a riconoscere i vari tratti del volto di Gesù Cristo e a lasciarci plasmare personalmente e comunitariamente da quel Dio che è l’Emmanuele, il Dio con noi.

Oggi, prima domenica di Avvento, si celebra l’inizio di un nuovo anno liturgico. E gli inizi sanno sempre di Dio. Siamo invitati a metterci nuovamente in gioco dietro all’Emmanuele per dare pienezza alla nostra umanità. Tutti in cammino: noi, popolo di Dio, e quanti sono alla ricerca del senso della propria vita.

Innanzi tutto, la liturgia della Parola di questa prima domenica di Avvento ci invita a mettere nella nostra bisaccia di pellegrini il pane della preghiera. La bellissima supplica collettiva che la prima lettura tratta dal libro di Isaia ci fa ascoltare diviene un accorato invito a ritrovare la gioia di parlare con Dio; a ravvivare la nostra confidenza con Lui; a riscoprire che cosa significhi per la nostra vita chiamare Dio con il nome di Padre e a gustare il sapore di un «ti amo» detto a Dio carico di affetto, di schiettezza e di rinnovata fiducia. Nelle parole del profeta Isaia non facciamo fatica a scorgere i tratti delle nostre vite a volte in ostaggio di ribellioni interiori perché ci pare che Dio ci lasci vagare lontano dalle sue vie o delle nostre comunità cristiane a volte smarrite e sfiduciate. Il profeta ripensa al passato solcato dai passaggi di Dio e guarda al presente dove oramai «tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento». Seppur nella sofferenza, il popolo di Dio ricorda di essere stato plasmato da Dio e per questo di appartenere ancora a Lui. Tale memoria dell’«in principio» genera quella stupenda ed appassionata preghiera: «Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Ritorna per amore dei tuoi servi. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!». Improvvisa si riaccende la speranza nel cuore: il futuro di Dio non delude «semplicemente perché il Signore non delude mai! Lui è fedele! Lui non delude!» (papa Francesco). Ora questa speranza ha un volto e si chiama Emmanuele, il Dio con noi.

Il Vangelo secondo Marco, infatti, annuncia con decisione che questo pane della preghiera per essere custodito fragrante deve essere accompagnato dall’acqua zampillante della vigilanza e dell’attenzione. Prima di narrare la passione, morte e risurrezione di Gesù l’evangelista Marco ci regala l’ultima breve parabola narrata da Gesù. A dire il vero, si tratta di due parabole sovrapposte: quella del portiere che vigila e quella del padrone di casa che ritorna improvvisamente. L’obiettivo, comunque, è unico: presentare tutto il vocabolario della vigilanza rimarcandone il suo carattere indispensabile per chi desidera andare dietro a Cristo ogni giorno. Quattro volte si ripete questo esigente invito con tre differenti sfumature: guardare con attenzione, mettere a fuoco, concentrare lo sguardo senza distrarsi (v.33: «fate attenzione»); dormire come una mamma che nel sonno percepisce ogni sussulto del suo bimbo (v. 33: «vegliate») e stare desto, svegliarsi per tempo resistendo al sonno, essere vigile (vv. 35.37: «vegliate dunque …: vegliate»). Si potrebbe dire che la vigilanza sia un modo per vivere nella nostra quotidianità con responsabilità, con intelligenza e con capacità critica per rifiutare radicalmente ogni indifferenza. La posta in gioco è alta poiché riguarda il cuore del nostro essere cristiani nella storia. Davvero illuminanti ci paiono ancora oggi le parole del cardinale Carlo Maria Martini: «Vigilare significa badare con amore a qualcuno, custodire con ogni cura qualche cosa di molto prezioso, farsi presidio di valori importanti che sono delicati e fragili. Vigilare impegna comunque a fare attenzione, a diventare perspicaci, a essere svegli nel capire ciò che accade, acuti nell’intuire la direzione degli eventi, preparati a fronteggiare l’emergenza».

Se cogliamo questa sfida dirompente il tempo di Avvento, che stiamo per iniziare, ritrova efficacia ed autenticità perché diventa un tempo gravido di futuro di Dio, di aperture creative e di relazioni riconciliate. Partire per questo pellegrinaggio, oggi, richiede coraggio, decisione e riflessione. Si tratta di lasciarci coinvolgere, disturbare e provocare da una Parola che se non mette in discussione le nostre sicurezze, i nostri punti di vista e le nostre rassegnazioni non è Parola di Dio.

Buon pellegrinaggio!

a cura della Comunità monastica di Pian del Levro

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