“Con umile risolutezza”

2Sam 7,1-5.8.12.14.16;

Sal 88;

Rm 16,25-17;

Lc 1,26-38;]

Che meraviglia la liturgia della Parola di questa quarta domenica di Avvento! Le letture proposte, come opere d’arte di rara bellezza, narrano il compimento della promessa di un Dio che sceglie di entrare definitivamente nella storia dell’umanità accogliendo il volto stesso dell’uomo. È come quando si entra in una cattedrale e si rimane estasiati dalla bellezza dell’edificio e dell’arte che l’arricchisce e si respira lo slancio creativo suscitato dalla fede. Davvero «il mistero avvolto nel silenzio per secoli eterni» ora si è fatto vedere, ha trovato casa nella nostra umanità. È il totalmente nuovo, un mutamento imprevedibile che non si aveva nemmeno il coraggio di attendere: Dio si chiama Emmanuele, il Dio con noi e si rasenta l’assurdo, anzi lo sorpassa. Mai il re Davide avrebbe potuto immaginare la realizzazione del suo desiderio in questo modo, mai Maria avrebbe potuto pensare un tale sconvolgimento della sua vita.

Sì, quando noi vogliamo immaginare il futuro facciamo della «fanta – speranza» perché «non appena pensiamo il futuro, lo pensiamo come il passato. Non abbiamo l’immaginazione di Dio» (fra Christian de Chergé) e la stupefacente carriera capovolta di Dio richiede l’audacia di entrare in un pensiero, in un agire, in un sognare totalmente nuovo secondo lo Spirito santo. Se potessimo gustare il sapore di questa notizia inedita! Se potessimo imprimere nella nostra carne questo alfabeto del dirompente amore di Dio! Davvero noi saremmo capaci di generare Cristo!

Non vi sono dubbi il protagonista di questa domenica è Dio che entra nella vita di un re e di una giovane donna di Nazareth e la capovolge! É Lui che ci ama per primo, a noi il non scandalizzarci del suo amore folle; è Lui l’inaudita notizia, a noi l’ascoltarla con audacia e con libertà. Così germoglia il Regno di Dio!

La prima lettura tratta dal Secondo libro di Samuele, è una pagina di raro fascino trasudante un’umanità autentica, quella di Davide, nella quale non facciamo fatica ad identificarci. Il giovane re affermato e vittorioso desidera costruire un tempio sontuoso a Gerusalemme, capitale appena conquistata, così da avere accanto a sé la protezione divina. Natan, il profeta di corte, si schiera subito dalla parte del suo sovrano. Ma ecco, all’improvviso, la sorpresa: in una visione notturna Dio rimescola le carte. Dio preferisce essere presente nel tempo, nella storia con la discendenza di Davide stesso («Te il Signore farà grande, poiché una casa a te farà il Signore») e sceglie «i tempi dei processi» invece che gli spazi di potere, occupandosi di «iniziare processi più di possedere spazi» (EG 223). Con amorevole pazienza Dio fa memoria a Davide di tutte le volte che gli è stato accanto e gli ripete: «Sono stato con te dovunque sei andato». Il re è chiamato a rimettersi in gioco: il tempio deve rimanere un luogo di memoria, di lode e di celebrazione e non un modo per contenere, imprigionare o fissare la presenza di Dio. Dio si incontra sempre di nuovo! Si deve rimanere in cammino in una costante e coraggiosa ricerca quotidiana del suo volto. Proprio per questo il re è invitato a fare spazio, a non anticipare l’azione di Dio, ma ad aprirsi alla libertà di poter ricevere da Dio ogni bene e di lasciar fare alla creatività divina. È il Signore che offre doni e non viceversa. Che bello questo nostro Dio che ci chiama continuamente ad uscire da noi stessi per imparare a fondarsi sul suo amore e fidarsi solo di Lui. Ora quanto Dio aveva confidato a Davide per mezzo del profeta Natan diviene il sottofondo biblico sul quale l’evangelista Luca tesse una narrazione coinvolgente ed essenziale allo stesso tempo. I rimandi sono espliciti ed impliciti. Quel Dio Padre fedele annunciato a Davide ora trova nuova casa in Maria. La novità è inaudita!

La lieta notizia di Luca tratteggia una scena di vocazione intrecciata con una scena di annuncio: c’è un inizio di vita nuova che sintetizza in sé tutte le promesse di bene, di liberazione, di pienezza annunciate dagli antichi profeti. Sì, Dio non viene meno alle sue promesse. Per l’amore di Dio non è mai troppo tardi (Elisabetta) e non è mai troppo presto (Maria). In principio l’amore fedele di Dio!

Maria, discepola ideale, ascolta, interroga e decide con piena libertà di aderire totalmente a Dio («Eccomi, sono la serva del Signore»).

Attraverso di lei scopriamo il senso profondo del nostro essere cristiani: fare spazio alla Parola di Dio che ci precede sempre con la pienezza della felicità. Lasciarsi fare dalla Parola per rinnovare ogni giorno il nostro «eccomi» al Signore con «umile risolutezza».

Il pellegrinaggio nella fede di Maria inizia con un imperativo: «Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te». Prima di ogni altra cosa la gioia! Appena Dio parla, la prima cosa da fare non è eseguire, non è chiedersi se sono degno, ma gioire e sentire lo stupore di un Dio che cerca noi. Dentro quella gioia poi avviene tutto il resto. Si compie la sequela. La gioia è lo spazio dell’accoglienza della parola di Dio che gli permette di farsi carne. È fidarsi del Signore che è con noi. Con la gioia della salvezza, con la gioia di Dio che cammina con noi Cristo trova casa in noi. Ci vuole coraggio ed audacia come Maria.

«Quale cammino! Eppure non ne esiste un altro. Non c'è altra scelta. […

Se credere è difficile, non credere è morte certa. Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare è angoscia mortale. Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno. Credo, Signore! Credo perché voglio vivere. Credo perché voglio salvare qualcuno che affoga: il mio popolo. Credo perché quella del credere è l'unica risposta degna di te che sei il Trascendente, l'Infinito, il Creatore, la Salvezza, la Vita, la Luce, l'Amore, il Tutto» (Carlo Carretto).

a cura della Comunità monastica di Pian del Levro

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina