Cristiani fai-da-te?

Nella confusione generale del mondo contemporaneo, corriamo il rischio di essere “cristiani fai-da-te”. Eppure, mai come oggi, dobbiamo saper dar ragione del nostro credere, certo non come presunzione, ma per condividere una comune fede, che dovrebbe concretizzarsi in comunità solidale. Avverto invece una sorta di sfaldamento… Sono pessimista o realista?

Pierluigi

La tua domanda centra una delle questioni fondamentali per il cristianesimo di oggi. Viviamo una situazione opposta a quella di qualche secolo fa (forse anche di qualche decennio fa, almeno per certi luoghi): un tempo la Chiesa rappresentava la società; tutti, tranne sparuti intellettuali e liberi pensatori, si dicevano a parole cattolici. Quindi la comunità ecclesiale coincideva in un certo senso con quella civile. Chi professava un altro credo oppure aveva idee diverse rispetto a quelle della dottrina ufficiale, veniva perseguito dall’autorità, magari tacciato di eresia, comunque messo ai margini. Dopo il concilio di Trento la Chiesa è stata attentissima nel garantire una granitica uniformità della dottrina. I fedeli venivano educati all’obbedienza più assoluta, a una religiosità basata sulla paura dell’inferno che su una convinzione interiore, a tacere anche se non capivano nulla. Poi tutto è cambiato. La libertà di coscienza, la democrazia, la riflessione sulla Chiesa stessa compiuta Concilio Vaticano II, il mondo globalizzato e tanti altri fattori hanno portato a un allontanamento delle masse dalla religione, ma pure ad una fede più consapevole.

Ovviamente la realtà è più complessa rispetto a questa ricostruzione, tuttavia oggi è evidente come tutti possono dire la propria opinione, senza temere di finire in galera oppure sul rogo. E questo è sicuramente un bene perché la fede non può mai essere imposta o mantenuta con la violenza e la coercizione.

Come dici tu però questa libertà assoluta ha portato alla confusione, al disorientamento, alla frammentazione, allo sfaldamento della comunità cristiana. Dobbiamo ritrovare un senso di unità nella diversità, cercando di mettere in comune un nucleo di verità indispensabili per potersi dire cristiani. Questo è il punto: siamo disuniti nei fondamenti della fede!

Non dobbiamo sperare che tutti la pensino come noi. La società cristiana è finita da un pezzo e i credenti sono una minoranza. La Chiesa fa benissimo a rivolgersi a ogni uomo di buona volontà, ma prescindere da una cura e attenzione particolare per quelli che si professano cristiani, mi sembra sbagliato. Manca un senso comune di appartenenza. Ma se tutti fanno quello che vogliono, alla fine nessuno saprà più in che cosa credere. Per questo ognuno di noi dovrebbe fare un esame di coscienza. Guardiamo sempre i difetti degli altri, dispensiamo consigli, impediamo che ciascuno si comporti come meglio crede, diventiamo giudici della vita altrui. Sempre a fin di bene : ma questa è solo una scusa per non guardare dentro di noi.

Cosa fare allora? Il pericolo è la chiusura. Facciamo una Chiesa dei “duri e puri”, chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori così almeno preserviamo la dottrina e conserviamo la nostra identità. Sarebbe cadere nel fondamentalismo, essere di nuovo con fuori tempo, tradendo il messaggio di Gesù.

Credo che sia necessario essere consapevoli che siamo noi la Chiesa. Siamo abituati ad avere tutto dal prete: la celebrazione dei sacramenti, un modello di vita, un conforto e un sostegno, un maestro di fede. Salvo non dare nulla in cambio. Come se fosse un ente pubblico, andiamo soltanto a chiedere. Non basta più la frequentazione della messa domenicale. Possibile che ogni ordine professionale obblighi i propri iscritti a una formazione continua, e per essere cristiani siano sufficienti i sacramenti avuti da bambini?

Nei prossimi anni ci aspetta un cambiamento radicale. Le parrocchie dovranno trasformarsi in comunità di laici protagonisti, capaci di provvedere autonomamente ai bisogni spirituali (o anche materiali) del proprio gruppo. Saranno in pochi a formare la comunità? Non importa, saranno più motivati. A Trento ci sono comunità protestanti, di matrice pentecostale, i cui membri sono molto più uniti rispetto a certi cattolici che quando vado in chiesa non si salutano neppure… Uscire dal privato, condividere le fatiche e le speranze, immaginare di vivere una fede comunitaria: queste sono le sfide più urgenti ma anche le più difficili.

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