Cristiani perseguitati

La loro rinuncia alla violenza è una eroica testimonianza di fede

Ogni giorno sentiamo con orrore le notizie che provengono da Siria, Iraq, Nigeria e dagli altri teatri in cui imperversa l’integralismo terrorista di matrice islamica. L’accanimento di questi gruppi – purtroppo molto potenti ed equipaggiati dalle più sofisticate armi – verso le minoranze di qualsiasi tipo provoca una ripugnanza ulteriore: prendersela con i più deboli dimostra il grado di ferocia a cui può giungere l’animo umano. Sappiamo che molto spesso i più deboli in Medio Oriente sono i cristiani. A volte tollerati, quasi sempre marginalizzati, a volte perseguitati in maniera cruenta. Il fanatismo religioso di una certa interpretazione intollerante dell’islam è soltanto la cornice di un fenomeno più vasto, quello cioè della progressiva scomparsa del cristianesimo dai luoghi in cui sono sorte le prime comunità. Si tratta di fenomeni epocali in cui la dimensione demografica si intreccia con la condizione politica generale. Dalla storia dovremmo avere imparato che soltanto la democrazia, la tolleranza religiosa, la libertà di coscienza, il rispetto dei diritti umani possono garantire la dignità delle minoranze. Il problema dunque non riguarda la fede musulmana, ma il sistema politico presente in gran parte dei paesi arabi. Le dittature generano mostri. E quando esse crollano, guerre civili incontrollate generano ulteriori catastrofi. Lo Stato islamico, oggi al centro della scena, è soltanto l’ultimo e più terribile prodotto dell’insensata guerra americana contro l’Iraq. Il disastro libico deriva da quarant’anni di un regime oppressivo e da un intervento occidentale goffo e maldestro che forse celava soltanto gli appetiti verso il petrolio di Gheddafi. Là dove invece, piano piano, ci si è incamminati sulla strada della democrazia, come sta avvenendo in Tunisia, le minoranze sono tutelate. I cristiani possono vivere. Vale anche la pena di ricordare che per i cristiani l’unico luogo sicuro in Medio Oriente è lo stato di Israele, benché esso venga criticato anche molto aspramente dai cristiani e dai cattolici. Il punto sta tutto nel fatto che Israele, pur tra mille contraddizioni, cerca di essere una democrazia.

Giustamente Papa Francesco prega ogni giorno per i cristiani perseguitati, in quanto esponenti di una fede diversa da quella della maggioranza. Occorre però stare molto attenti a non considerare ciò che avviene come una guerra di religione. I terroristi cosiddetti islamici massacrano prima di tutto i musulmani che non la pensano come loro. Poi, per propaganda, minacciano Roma, descrivendo i cristiani – anzi, gli occidentali – come infedeli da sterminare e crociati da combattere. Il loro dio però non è Allah (che invece è il nostro stesso Dio, quello di cui ci parla la Bibbia). Il loro dio è il potere, che prende le sembianze della morte. La loro guerra di religione viene perpetrata in nome dell’odio, della sete di sangue che, misteriosamente e spaventosamente, alberga nel cuore dell’uomo. 75 anni fa i tedeschi si trasformarono in belve, sacrificando il nemico ma anche il loro stesso popolo al dio della morte. Oggi questo avviene ad altre latitudini.

È quindi sbagliatissimo invocare l’intervento delle cosiddette “potenze cristiane” per salvare i cristiani. Significherebbe ritornare ad epoche passate, in cui il potere veniva ammantato di religione. Non vi è dubbio che la ferocia dei gruppi terroristici non può essere arginata solamente dagli auspici. Le armi, in certi casi, possono essere utilizzate se e solo se costituiscono, o cercano di costruire, un futuro democratico. Ma qualsiasi intervento della comunità internazionale va fatto secondo le logiche della politica, non della religione, contrapponendo l’Occidente cristiano al medio oriente islamico. E oggi le logiche della politica si basano sul rispetto dei valori universali, sul rispetto delle minoranze. Per questo bisogna battersi.

Dal punto di vista della fede invece il discorso è diverso. La rinuncia alla violenza da parte dei cristiani perseguitati è una eroica testimonianza di fede. Facile applaudire stando sicuri a casa nostra. Ma è proprio questo a cui un cristiano, e la Chiesa tutta, dovrebbe puntare: la rinuncia all’odio per seguire gli insegnamenti di Cristo. Fino alle estreme conseguenze. Ciò però prevede la possibilità, se non la sicurezza, di essere sconfitti agli occhi del mondo. Gesù sulla croce non sembrava forse uno sconfitto, un fallito? Chi avrebbe mai detto che la sua missione culminava in quella morte? Chi avrebbe pensato che la potenza di Dio si sarebbe manifestata proprio in quella che sembrava la fine definitiva? Oggi crediamo che il martirio dei cristiani in Medio Oriente significhi la parola fine per la fede cristiana in quella zona del mondo. Dobbiamo certo fare di tutto perché ciò non accada, sapendo però – e credendoci per davvero – che Dio riesce a trarre dalla morte la vita, la vita in abbondanza.

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