Dopo Venezia visioni sottotraccia da valorizzare

Un fotogramma del lungometraggio “Al garib” del siriano Ameer Fakher Eldin

Polonia, 1983. Solidarnosc incide già nella “carne viva” del Paese. La Cortina di ferro mostra i primi segni di cedimento. Alla caduta del Muro di Berlino non mancano molti anni. Il mondo è sull’orlo di un cambiamento epocale. A Varsavia uno studente viene picchiato a morte dalla polizia. Un suo amico è l’unico testimone del pestaggio e per questo costretto a nascondersi. “Non lasciare tracce”, tratto da un fatto di cronaca, è il film di Jan P. Matuszynski presentato in concorso alla 78esima edizione della Mostra del cinema di Venezia conclusasi l’11 settembre scorso che ha assegnato il Leone d’oro al discutibile “L’evento” della francese Audrey Diwan su un caso di aborto. “Il film mi ha dato l’opportunità di passare in rassegna le molteplici prospettive del regime comunista della Polonia degli anni Ottanta – ha dichiarato il regista -. Uno specchio a più strati che bisogna cercare di non infrangere. Solo con il supporto del ricordo, possiamo sperare che questo non accada nuovamente”.

Alto il livello medio delle pellicole in gara e quindi difficile scegliere le migliori da parte della giuria presieduta dal coreano Bong Joon Ho (Palma d’oro a Cannes per “Parasite”). Di conseguenza, diversi film, anche delle sezioni collaterali e parallele (Orizzonti, Settimana della critica e Giornate degli autori), sono passati sottotraccia pur meritando una loro ribalta e ci si augura una distribuzione italiana (per quanto in diversi casi difficile).

Il russo “Il capitano Volkonogov è scappato” di Natasha Merkulova e Alexsey Chupov riporta indietro nel tempo, alle purghe staliniane e comunque ad ogni forma di totalitarismo, passato e presente. Il protagonista del titolo è ufficiale dei servizi di sicurezza nazionale e cerca redenzione dai suoi crimini chiedendo il perdono dei parenti delle vittime, con gli esiti che ci si può immaginare… “Il film è una parabola post moderna (le divise indossate sono un indizio, ndr) con elementi del thriller mistico – affermano i registi –, una favola nera su un carnefice che all’improvviso scopre di avere un’anima”.

Una scena tratta da “Il capitano Volkonogov è scappato”

Le alture del Golan occupate da Israele nel 1967 sono il paesaggio di “Al garib” (Lo straniero) del siriano Ameer Fakher Eldin. La parabola esistenziale di un medico senza licenza che vive in uno dei villaggi siriani di confine, abbrutito e disperato, il suo cambiamento, la rinascita, la speranza dopo aver soccorso un uomo in fuga dalla Siria, sono i temi al centro della pellicola. Un affresco potente e di rara intensità da una terra dimenticata. “Ho scritto e diretto il film nella mia terra natia – ha affermato il regista, peraltro nato nell’ex Unione Sovietica – sentendo i suoni della guerra che riecheggiavano lontani, dietro le colline e quel confine aberrante con la Siria”.

Sempre dal Medio Oriente arriva “Costa Brava, Lebanon” della libanese Mounia Akl. Specchio di un Paese, il Libano, ormai in bancarotta, attraverso l’immagine della crisi dei rifiuti, la realizzazione di una discarica che “invade” una famiglia che vive sulle colline, distante da Beirut, che ha deciso di abbandonare dopo aver partecipato, senza risultati tangibili, alle proteste contro una classe dirigente corrotta. Sempre la corruzione della classe dirigente, in questo caso quella kosovara, è il nucleo di “Vera sogna il mare” di Kaltrina Krasniqi. “Mi vedo come un’intima e curiosa osservatrice della vita di Vera; intenta a metabolizzare il dramma interiore della sua esperienza quotidiana”, commenta la regista kosovara mentre il cambogiano “Bodeng Sar” di Kavich Neang “parla” di speculazione edilizia nella capitale Phnom Penh vista dagli occhi di un trio di ragazzi e dalle loro famiglie.

In questo rapido excursus di cinematografie “altre” di grande interesse un posto non può mancare per “Trincee”, documentario di Loup Bureau. La “macchina da presa” è in zona di guerra, nel Donbass, tra i soldati ucraini che fronteggiano i separatisti filo-russi in un conflitto a bassa intensità e dimenticato che ancora continua nell’indifferenza della comunità internazionale. E sembra di rivedere “fotogrammi” sfuocati che riportano alla Prima guerra mondiale.

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