Ecologia integrale e tecnologia

Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti dell’enciclica di papa Francesco “Laudato si’”. Il Papa critica il cosiddetto “paradigma tecnocratico”, vale a dire la pretesa dell’uomo di controllare la natura mettendo così a repentaglio la sostenibilità del pianeta. Non mi piace molto come è stato affrontato questo tema. Penso che il richiamo del Papa alle coscienze illuminate e altruistiche possa essere efficace solo se associato allo stimolo verso la diffusione nel mondo – soprattutto nei paesi poveri – delle migliori tecnologie oggi disponibili; diffusione fatta certo in modo ragionevole e non sconsiderato, per ridurre l’inquinamento, migliorare l’approvvigionamento energetico, la mobilità e così via. Tuttavia al paragrafo 20 trovo scritto: “la tecnologia… a volte risolve un problema creandone altri”. Tutto ciò mi lascia molto perplesso. Qual è il tuo parere?

Giovanni Straffelini

Per la tradizione cattolica l’enciclica di papa Francesco presenta elementi di assoluta novità. Si potrebbe dire che anche la sensibilità ecologica è diventata patrimonio comune solamente negli ultimi decenni. Tuttavia la visione del Papa va oltre le istanze degli odierni movimenti ambientalisti, investendo aspetti teologici di notevole importanza, all’insegna di quella “ecologia integrale” che vede l’uomo né al di sopra né al di sotto della “natura” (o della “casa comune”, come detto nel testo) ma fratello di tutti gli esseri viventi. Il Papa poi giustamente collega la crisi ambientale con il modello di sviluppo imperante che genera sfruttamento, emarginazione e distruzione di interi ecosistemi: alla fine sono i più poveri a subire le peggiori conseguenze. Francesco si rivolge ai decisori politici, ma chiama il singolo a modificare i propri stili di vita all’insegna della sobrietà e della cura della terra che diventa cura per il prossimo.

Il rapporto con la scienza e la tecnologia resta comunque piuttosto contraddittorio. Si sa quanto la Chiesa cattolica nel corso dei secoli abbia interpretato male l’approccio scientifico al mondo che si stava sviluppando in occidente. Ancora oggi la tecnica è vista per lo più nelle sue possibili conseguenze negative dimenticando troppo spesso i traguardi che ha consentito di raggiungere. Forse perché si vuole “frenare” un eccessivo ottimismo in una scienza che offre all’uomo possibilità inaudite e quindi che richiede una rinnovata sensibilità etica per ora assente.

Il testo papale mantiene una posizione apparentemente ambigua sulla diffusione delle nuove tecnologie. Da un lato esse sono utili al progresso e al benessere dell’umanità (paragrafo 102), dall’altro sembrano far parte del generale decadimento dell’etica, di quel “relativismo pratico” che sembra essere la causa di tutti i mali del mondo (paragrafi 122 e 123). Si cerca di trovare una via media, capace di raccogliere tutte le istanze sul tappeto per formulare una proposta condivisibile e realistica, ma pure esigente e “profetica”.

Probabilmente chi si occupa ogni giorno di scienze può restare perplesso. L’enciclica è stata criticata per il fatto di essere troppo “generica” (un insieme di buone intenzioni, esortazioni morali, slanci mistici ed estetici) ma pure per indicazioni troppo specifiche (spesso prendendo per buone teorie ancora molto incerte) formulate su temi complessi, dalla valutazione di impatto ambientale sulle grandi opere fino alla questione dell’incremento demografico. La duplicità di posizioni rispecchia forse la dialettica in corso tra le chiese locali del nord e del sud del mondo: la prima, più gradualista e fiduciosa dei progressi scientifici che punta su una “correzione” dell’attuale modello di sviluppo; la seconda più radicale che muti completamente un approccio che alla fine aumenta l’inquinamento (in tutte le accezioni implicate dal termine) e la diseguaglianza globale.

Credo però che non sia necessario soffermarsi troppo su questi aspetti. La valenza appunto “profetica” dell’enciclica supera le parti meno riuscite su cui comunque il Papa vuole mantenere aperta la discussione. In questi giorni a Parigi si tiene una fondamentale conferenza sul clima: molti gruppi cattolici hanno visto nell’enciclica una sorta di manifesto, di “libretto verde” da sventolare come bandiera. Esso a mio parere va colto come un richiamo fortissimo sulla necessità di considerarsi come un’unica famiglia umana, immersa dentro un’unica creazione anch’essa viva, sospesa tra il bene e il male, ma protesa a un progresso spirituale.

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