Facebook, così globale, ma anche tanto locale

Il prossimo 4 febbraio compirà 18 anni, diventerà maggiorenne. Ma la sua età la dimostra tutta, cresciuto troppo in fretta, bruciando tutte le tappe, rompendo ogni schema. Come quei ragazzi che ritengono che a loro nulla sia vietato, che niente possa risultare impossibile: incredibilmente, guardando la storia di Facebook, nessun limite ha rallentato la corsa a quella idea nata dentro un’università e poi diventata il social network più diffuso al mondo.

Facebook in italiano si può tradurre in “libro dei volti”. Nelle università americane è sempre esistito. In forma cartacea, ovviamente. Al nome di ogni studente era associata la fotografia. Una sorta di annuario, strumento diffuso in tante scuole. Serviva per riconoscersi, per sapere chi era il collega incontrato in aula o sul prato del campus. L’idea di Mark Zuckerberg fu quella di realizzare un programma informatico, con nomi e foto (scaricati dai database dell’università) dove ognuno poteva entrare, guardare e votare tra due foto scelte causalmente. In poche ore il server dell’università andò in crisi per sovraccarico di accessi e Zuckerberg fu sospeso per sei mesi per aver scaricato illegalmente le fotografie degli studenti.

Era l’ottobre del 2003, ma questa idea si rivelò subito vincente. Quattro mesi dopo, “Facemash” (questo il nome della prima sperimentazione) divenne Facebook. E tutti sappiamo come è poi andata a finire. Una crescita vertiginosa, in termini di partecipanti al socialnetwork e in termini finanziari. Un’idea che ha trasformato il nostro modo di comunicare e persino il nostro modo di apprendere la realtà: secondo un’indagine Istat, in Italia tre persone su dieci dicono di informarsi attraverso Facebook, dietro solo alla televisione (sei su dieci).

Il giovanotto che compie 18 anni mostra però tutti i limiti di una vita vissuta senza regole: oggi, molti osservatori parlano di declino di Facebook, sono emersi i limiti e le criticità di una gestione finalizzata al profitto, che premia i post con parole d’odio, incurante degli effetti che tutto questo può avere sulle comunità, sulla convivenza civile, persino sullo stesso concetto di democrazia.
C’è però un ambito dentro il quale Facebook – il “social globale” per definizione – si sta rafforzando, tornando a quella dimensione “local” che, per certi versi, era la sua funzione originaria: essere, cioè, network di comunità limitate, ben definite, dove ognuno può riconoscersi e conoscere gli altri.

Allora, 18 anni fa, era l’ambito universitario; oggi, sembra essere quello delle comunità dove i partecipanti si riconoscono in un tratto identitario, di partecipazione personale, meglio ancora se territoriale. Si tratta di gruppi ristretti, dove la bacheca di Facebook assomiglia davvero a quelle che si trovano ancora nelle nostre piazze. Il luogo dove si annuncia una iniziativa, dove si appendono i necrologi, dove si dà conto delle novità amministrative e si festeggiano i risultati della locale squadra sportiva, dove si riportano gli articoli della stampa locale quando parla di noi, dove ci si rivolge per chiedere un piacere o per condividere una gioia. Facebook come la “campana del villaggio”, che richiama l’attenzione, sottolinea il valore di certi momenti, unisce e diventa riferimento.

I gruppi più conosciuti hanno un nome con la medesima formula: “Sei di… se”, completato dal nome del paese. Ce ne sono ormai a centinaia di questi gruppi, difficile fare il conto. In Trentino, l’elenco, in ordine alfabetico, può iniziare con “Sei di Ala se…”, “Sei di Avio se…”, “Sei dell’Altipiano della Paganella se…”, e finire con “Sei di Zambana se…” o “Sei di Ziano di Fiemme se…”. A Rovereto (oltre 16 mila iscritti) il nome è stato modificato in un più dialettale: “Se te sei de Rovereto”. Oltre diecimila partecipanti anche per i gruppi di Riva (17 mila), di Arco, di Pergine. Numerosi i gruppi di valle: dalla val di Non alla val di Fiemme, dalla val di Ledro a quella di Fassa.

A Trento non c’è solo quello con il nome del capoluogo (11 mila iscritti) ma si sono moltiplicati anche quelli di ciascun sobborgo: Mattarello, Cognola, Martignano, Povo, Gardolo, Sopramonte, Ravina. Segno del bisogno di potersi affacciare non solo sulla piazza grande, ma anche – forse soprattutto – sulla piazza del proprio paese, dove non si desidera partecipare ai grandi dibattiti, ma si cerca la notizia di ciò che succede sulla soglia di casa. L’antica funzione dei gazzettini, cartacei e radiofonici, che oggi si rinnova sui social in forma digitale.

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