Fiato corto o respiro di Dio?

Atti 2,1-11;

Romani 8,8-17;

Giovanni 14,15-16.23b-26

Ogni tanto, viaggiando, capita di vedere un auto parcheggiata a lato della strada e poco più avanti un tale che corre con in mano una tanica vuota… Poveretto! Non si era accorto che la benzina stava per finire ed è rimasto a secco… Chissà quanta strada deve fare prima di trovare un distributore aperto! Un imprudente, oppure uno che viaggia con la testa fra le nuvole… Come ha la testa fra le nuvole quel tale, o quella tale, che al sabato sera si accorge che in casa è finito il pane, o la pasta, o che il frigorifero è vuoto… Ma il peggio non è che la macchina resti senza benzina, ma che le persone restino senza quel “carburante” che permette loro di andare avanti e vivere degnamente. Quel carburante è la fortezza interiore, il coraggio, che permette di far fronte alla vita quando si fa dura e faticosa per prove e difficoltà di vario genere. Si direbbe che oggi è più diffusa la debolezza, la fragilità, che non la fortezza interiore. E allora si soccombe, si molla tutto, o si perdono le staffe per un nonnulla… Ma come si può trovarsi a secco di fortezza? È da sprovveduti. Quel carburante è fatto di sapienza, di equilibrio, per cui quando c’è da prendere una decisione o da fare una scelta, scatta quel sesto senso che con una certa spontaneità fa intravvedere quel che è giusto. Trovarsi a secco significherebbe tergiversare, oppure accorgersi dopo di aver fatto la scelta sbagliata. Come si può trovarsi a secco di sapienza? È da sprovveduti.

Quel carburante è fatto di costanza, di fedeltà (che rendono le persone affidabili). Ma anche queste qualità stanno diventando un po’ rare: se non c’è un interesse, un guadagno di qualche genere, un riscontro di soddisfazione quanto meno, è sempre più difficile essere costanti. Eppure la vita è fatta anche di molte cose che non hanno prezzo, che non si pagano: come l’affetto, la pazienza, il tempo che si dedica alle relazioni… Com’è possibile trovarsi a secco di costanza? È da sprovveduti. E dov’è che si può fare rifornimento di costanza, di sapienza, di coraggio e di fortezza? “Io pregherò il Padre mio – ci assicura Gesù in questa domenica – ed egli vi darà un altro Paraclito, perché rimanga con voi per sempre!”. Paràclito (parola greca) indica colui che dà fortezza, coraggio, sapienza e costanza. Anzi, provoca e pungola se necessario. Forse non sarà molto onorevole paragonare lo Spirito Santo al carburante, ma certo è che queste qualità non le possiamo comprare al supermercato o in farmacia: ce le può dare soltanto lui.

E che volto ha lo Spirito Santo? I suoi tratti appaiono chiaramente dalla prima lettura di Pentecoste. Proviamo a immaginare gli apostoli di Gesù, quei poveri pescatori che quando il Maestro fu arrestato e ucciso erano scappati con la coda fra le gambe. Sì, poi l’avevano visto risorto più e più volte, ma erano ancora dubbiosi, e la paura era sempre la loro compagna inseparabile. “Sarete miei testimoni!” aveva detto loro il Signore. Macchè testimoni: sembravano conigli, altro che testimoni! Ed ecco che a Pentecoste sono tutti assieme nel cenacolo, sentono un rumore come di vento impetuoso e vedono delle fiamme di fuoco sopra le loro teste. A quel punto l’impulso è così forte che non riescono più a starsene chiusi lì dentro. Escono per le piazze di Gerusalemme e cominciano a parlare di Gesù a tutti quelli che incontrano. Pietro è quello che lo fa con più convinzione e autorevolezza (proprio lui, che in precedenza, per paura, aveva rinnegato Gesù). E da quel giorno sarà sempre così. E non ci saranno né difficoltà né ostacoli che li possano bloccare. Quale sarà il movente, il segreto di tutto questo? Lo Spirito Santo. Fortezza, coraggio, sapienza, costanza, sono prerogative sue: è lui che le dà. Sì, ma a chi? Distributori di carburante sulle strade ce ne sono dappertutto, ma chi non si ferma mai, rifornimento non ne fa.

C’è una parola che ha a che vedere con “Spirito”: è “spiritualità”. La vita è fatta di diverse componenti: lavoro, riposo, tempo libero, amicizie, relazioni; ebbene, se vogliamo che sia equilibrata, deve esserci anche la componente “spiritualità”. Al giorno d’oggi più che mai. In passato c’era, ma scarseggiavano le cose: le comodità, le possibilità, i consumi… Oggi invece tutto ciò abbonda, ma scarseggia la spiritualità, e allora si resta a secco di fortezza e regna la debolezza, scarseggia la sapienza e trionfa la stupidità, viene a mancare la costanza, l’equilibrio, e regnano l’avventatezza, la superficialità. Sì, occorre dare fiato, far respirare la spiritualità, perché è questa poi che fa respirare la vita, anche quando c’è da arrancare. E tanto per non restare nel vago, val la pena esemplificare: quand’è che respira la spiritualità? Le occasioni sono diverse. Prima fra tutte, il trovarci insieme nel giorno del Signore: infatti erano insieme gli apostoli, in preghiera, quando hanno ricevuto lo Spirito Santo. Ovunque ci si trovi di domenica, si eviti l’imprudenza di “saltare” questa occasione privilegiata di rifornimento. Poi, la preghiera d’ogni giorno, meglio ancora se accompagnata dalla lettura di qualcosa di formativo che non sia la solita cronaca nera del giornale. E ancora, i momenti di osservazione di tutto ciò che è bello, se si ha l’opportunità di muoversi, di vedere, di contemplare. In altre parole, corriamo ai ripari: diamo respiro alla spiritualità e potremo accogliere quello Spirito Paraclito che Gesù ha promesso. Ci è donato in sovrabbondanza ogni volta che siamo disposti a farne rifornimento.

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