Ghana: come “dire Dio” in una realtà multireligiosa

Nicoletta Gatti insegna scienze bibliche in un’università statale in Ghana

Carissimi amici,

mi chiamo Nicoletta, e da 13 anni vivo la mia ‘consacrazione battesimale’ in Ghana. Come battezzata sono inviata a rendere Dio “incontrabile” nella normalità della vita, caratterizzata da lavoro, apostolato biblico nelle comunità rurali e accoglienza di ragazze in difficoltà.

Vorrei parlarvi del mio lavoro. Sono una docente universitaria e insegno scienze bibliche in un’università statale. Il Dipartimento dove lavoro è particolare, dato che i nostri studenti sono musulmani, cristiani e talvolta anche ebrei provenienti da università statunitensi. Aggiungo che in Ghana il cristianesimo è ‘frammentato’ in una moltitudine di chiese/sette, con una spiritualità prevalentemente pentecostale/carismatica. Molti dei miei studenti sono ‘fondatori’ di chiese, profeti, apostoli, evangelisti, etc. Potete capire da questo come le mie classi siano particolarmente ‘vulcaniche’…! Spesso, co-insegno con colleghi musulmana corsi tematici alla luce di Corano e Bibbia.

Provenendo da una realtà prevalentemente ‘cattolica,’ mi sono posta la domanda su come ‘dire Dio,’ come insegnare la Sacra Scrittura in un contesto religioso e culturale tanto diverso. La risposta mi è stata data … da un incontro.

Dopo alcuni mesi in università, un mio studente musulmano mi ha rincorsa per pormi una domanda: qual è l’essenza del Dio cristiano? Sotto il suo sguardo attento, mi sono ritrovata a percorrere velocemente la Sacra Scrittura, mentre una risposta affiorava quasi inconsapevolmente: “il nostro Dio è relazione.” In quei pochi istanti ho percepito, infatti, che la Bibbia si caratterizza come un lungo, paziente, faticoso percorso di educazione alla relazione con Dio attraverso la relazione con l’altro.

Da questa domanda è nato il mio ‘metodo educativo’ dove il lavoro accademico si coniuga con l’accoglienza e l’ascolto, nel tentativo di rendere le mie classi ed il mio ufficio uno spazio accogliente e libero, dove studenti e colleghi possano sperimentare Dio. Potete capire che è una sfida educativa quotidiana, dato che i nostri studenti sperimentano le stesse fragilità, paure, illusioni dei giovani in ogni parte del mondo.

In questi anni ho avuto la gioia di vivere tanti piccoli ‘miracoli,’ quando una persona si svela e ci dona la possibilità di camminare insieme, intraprendendo un viaggio straordinario per imparare a spiegare le ali e volare. Penso a Nana, uno studente cieco, che ho avuto la gioia di accompagnare per 4 anni, sostenendolo e imparando dal suo coraggio; o a due studenti che partendo dallo studio del testo ebraico di Isaia 56,1-8 hanno trovato il coraggio di parlare del dramma della loro sterilità, per poi fondare un’associazione per superare insieme la stigmatizzazione sociale.

Alla luce di questi e molti altri incontri, la mia idea di missione è cambiata. Sperimento che missione è vivere il vangelo, lasciando che la nostra vita diventi il luogo in cui Cristo possa essere incontrato… Missione è essere segno di speranza, il segno della vicinanza di un Dio che continua a camminare con il suo popolo, che continua ad essere presente, incontrabile, toccabile… Un Dio che ripete: “Non avere paura, sono con te.”

Mi fermo qui ma….la comunione continua!

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Cara prof. Nicoletta, quanta LUCE nel tuo scritto. Mando subito questo msg in Paradiso. Non avrei modo migliore per dirci, arrivederci al 15. Continuiamo insieme questo cammino. G R A Z I E !!!

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