Humus. Terra. E Pasqua.

I lettura: Geremia 31,31-34;

II lettura: Ebrei 5,7-9;

Vangelo: Giovanni 12,20-33

Via via che ci si avvicina alla Pasqua (e mancano ormai solo due settimane) vengono impartite le ultime istruzioni, le informazioni necessarie prima dello sbarco, perché è come arrivare alla fine di un viaggio, o di una traversata. Cosa troveremo?

“È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato”. Gesù è figlio di Dio, ma non è affatto un megalomane che ama mettersi in mostra; preferisce chiamarsi “figlio dell’uomo”. E ciò che troveremo alla fine del viaggio è appunto questo: la gloria che straripa da tutta la persona di Gesù. Gloria di Dio, sia chiaro. Pasqua è la clamorosa manifestazione della gloria di Dio. Sì, è vero, gloria è una parola datata al giorno d’oggi; va tradotta: successo, riuscita, vittoria e conseguente trionfo. Non si pensi solo al giorno di Pasqua quando tutto, anche le pietre, cantano alleluia e tutte le campane (anche quelle stonate) suonano a festa: questa è l’altra faccia della Pasqua, ma la prima è più spettacolare ancora. E qual è?

“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Ecco il vero volto della Pasqua. Ecco dove sta la gloria di Dio, il successo di Gesù. Certo, sarà innalzato; starà più in alto di tutti su quella croce e nessuno potrà far a meno di sollevare lo sguardo verso di lui (“Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” preannuncia nel vangelo di questa domenica): sì, ma a che prezzo! Chi si innalza sopra gli altri di solito non sale su una croce, non si lascia crocifiggere; semmai crocifigge altri, pur di innalzare se stesso. Qui siamo in una logica totalmente opposta a quella di questo mondo: qui per innalzarsi davvero è necessario abbassarsi, non solo fino a terra, ma fino a scomparire sotto terra. E accettare di morire, come il chicco di grano appunto.

Chissà quante volte l’abbiamo sentito questo paragone; ebbene, non possiamo accontentarci di sentirlo e risentirlo: occorre sviscerarlo, rendercelo familiare, calarlo nella nostra esperienza, perché qui – in un certo senso – c’è tutta l’essenza del cristianesimo: quello che ha fatto Dio per noi e quello che possiamo fare noi per realizzare davvero noi stessi.

Ciò che è accaduto in natura è una bella dimostrazione di quanto sia vero quello che Gesù dice: il grano è stato seminato lo scorso autunno; poi vi è piovuto sopra, è nevicato, la terra s’è gelata… altrochè se è morto quel grano! Ed ecco che ora, da quei chicchi morti sotto terra, germoglia la vita: spunta, crescerà, e da ognuno maturerà una spiga intera piena di altri grani. La nostra vecchia terra, a primavera, non è ancora stanca di confermare quanto è vero il vangelo, quanto ha ragione il Signore.

Sì, la terra sappiamo tutti che cos’è; anche se ormai la maggioranza dei nostri passi li facciamo sull’asfalto, non per questo abbiamo dimenticato cos’è la terra, com’è fatta … Nell’antico latino la si chiamava “humus”, parola dalla quale sono poi derivate altre: “umile”, “umiltà”. Io penso che è più facile parlare di umiltà che essere umili davvero. Ma penso pure che senza vere esperienze di umiltà noi non avremo mai modo di fare vera Pasqua.

L’esperienza di Gesù, nella sua Pasqua, è stata proprio quella di una straordinaria umiltà: straordinaria per lui, prima che per noi che guardiamo dall’esterno. Ce lo lascia intravedere la seconda lettura di questa Domenica: “Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte”…ecco di quale umiltà ci è di esempio Gesù Cristo. Anziché voltare le spalle a Dio, quando si tocca il fondo… “preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime” fece sgorgare da tutta la sua persona. Questa è l’umiltà. “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. Ma, verrebbe da obiettare, se c’era qualcuno veramente perfetto, non era proprio Gesù Cristo? Cosa mancava alla sua perfezione?

Sì, era perfetto: in Paradiso. Ma cosa volesse dire lambire la polvere di questa terra, anzi, scomparire sotto di essa, no: questo non lo sapeva, quest’esperienza gli mancava. E l’ha vissuta, l’ha provata: “imparò l’obbedienza da ciò che patì: così fu reso perfetto, e perciò può salvare tutti coloro che si affidano a lui”.

Pasqua è il traguardo, dicevo. Siamo ormai vicini al traguardo. E allora prestiamo attenzione alle ultime istruzioni prima dello sbarco. Eccole: Umiltà. Ognuno ha a disposizione un’infinità di situazioni, di opportunità (anche senza cercarle), per esercitarsi nell’umiltà. Forse riguardano i suoi rapporti con Dio, forse le sue relazioni con chi gli è accanto o incontra tutti i giorni, forse con se stesso, con la sua coscienza: le sue pretese, i progetti, le idee…. Mettiamo in azione un po’ d’audacia una tantum: verifichiamo quali sono esattamente queste opportunità. E cogliamole. Senza dimenticare che la sorte del chicco di grano, la sua traiettoria, è l’unica via affidabile per arrivare alla Pasqua di Risurrezione.

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