I nostri deserti

I lettura: Genesi 9,8-15;

II lettura: 1Pietro 3,18-22;

Vangelo: Marco 1,12-15

Deserto e tentazioni. A ogni inizio di Quaresima nelle chiese si parla di deserto e tentazioni.

Il deserto forse richiama certe immagini pubblicitarie per turisti che si vedevano nelle vetrine di certe agenzie di viaggio (è d’obbligo usare il passato, date le situazioni di crisi economica odierne)… e beati quelli che si potevano permettere qualche viaggio da quelle parti. Ma è davvero questo il deserto di cui parla il Vangelo? Sarà proprio questo l’ambiente in cui la Quaresima ci invita ad entrare?

Quanto alle tentazioni poi, esse hanno a che vedere con il diavolo, che ci hanno insegnato a chiamare anche “satana”. “Gesù rimase nel deserto 40 giorni ed era tentato da Satana”. Ma esiste davvero Satana? O è una figura esotica che fa parte dell’antiquariato religioso del passato?

Vladimir Volkoff, scrittore russo contemporaneo, afferma che “per credere in Dio bisogna avere la fede. Per credere al diavolo basta aprire gli occhi”. Come per sperimentare il deserto: non occorre andare nel Sahara, basta stare dove si è e aprire gli occhi. Deserto è crisi nelle relazioni che fanno la vita: relazioni di coppia, di famiglia…Quando l’affetto viene meno è come patire la sete, è tutta la persona a inaridire. Deserto è provare bisogno di ascolto, di attenzione, di tenerezza… e non trovarne. E’ trovarsi soli dopo aver vissuto un’intera esistenza insieme a qualcuno che si è molto amato: a chi sperimenta certe solitudini non occorre spiegare cosa sia il deserto. Ma può anche capitare di vivere in compagnia, e sentirsi ciononostante tremendamente soli lo stesso.

Ci sono lavori, professioni, mestieri nei quali le persone trovano abbastanza soddisfazione, ma ce ne sono altri nei quali la gratificazione è davvero scarsa, le grane sono tante e non si vede l’ora di andarsene in pensione…No, non occorre andare chissà dove a cercare il deserto!

Deserto è accorgersi che le risorse, le scorte, si stanno esaurendo, o si sono già esaurite: scorte di salute, scorte di abilità, di competenze, risorse di energie, di entusiasmo; procedendo negli anni è logico che accada, ma quando accade… per ognuno è l’esperienza del deserto.

Quarant’anni – dice la Bibbia – è durato il viaggio degli Ebrei nel deserto prima di arrivare alla Terra Promessa: quarant’anni! Quarant’anni di prove che si susseguivano con notevole insistenza: la fame, la sete, i briganti, i serpenti…o la nausea. Quarant’anni! Vi sono persone, famiglie, che quanto a prove e vicissitudini ne hanno da vendere (peccato che sia una merce che nessuno compra!): cos’è la loro vita se non una continua esperienza di deserto?

Altro che dune di sabbia, altro che manifesti pubblicitari per turisti! Non occorre nemmeno uscire dalla vita per trovare il deserto: poco o tanto, presto o tardi, diventa esperienza di tutti! E oggi, probabilmente, più in fretta e più spesso che in passato. Ma il peggio è che proprio questo deserto va a braccetto con la tentazione: sì è nel deserto che prosperano le tentazioni.

La tentazione di pensare che l’essere buoni, onesti, veri, sia atteggiamento da perdenti, da stupidi, da ingenui, e che gli atteggiamenti davvero intelligenti e vincenti siano quelli dei furbi, dei disonesti, degli egoisti e degli arroganti. Nel deserto – quale che sia – oggi è frequente questa tentazione. Oppure quella di pensare che forse ci si è illusi a fidarsi di Dio, a credere che ci vuol bene e provvede senz’altro a noi. Vi sono situazioni in cui sembra che Dio sia sordo alle nostre richieste, che la Provvidenza ci abbia abbandonati; la fede allora si riduce a un lumicino che rischia l’estinzione e ci si chiede: Ma c’è davvero Dio? Dov’è il mio Dio? Non è forse illusione, autosuggestione, sforzarsi di credere in lui? Sfido chiunque – dal Papa all’ultimo cristiano – ad affermare che queste tentazioni non l’hanno mai sfiorato…

Ebbene, c’è anche una buona notizia nel breve brano evangelico di questa Domenica. Se ho indugiato a lungo nel descrivere deserto e tentazioni è stato solo per farla risuonare nella sua sorprendente preziosità. “Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto ed egli vi rimase quaranta giorni tentato da Satana…”. Ma capite l’inaudito di questa affermazione? È nientemeno che lo Spirito a sospingere Gesù nel deserto: lo Spirito di Dio s’intende, sì: lo Spirito santo. E non ve l’ha sospinto per poi abbandonarlo a se stesso: si era posato su di lui (al Battesimo) per rimanerci. Anche nel deserto, mentre è tentato da Satana. Ecco la bella notizia anche per noi. Sì, quale che sia il deserto che sperimentiamo o sperimenteremo, ricordiamoci che non siamo affatto soli: Dio non ci getta nel deserto per poi abbandonarci; ci conduce semmai, e in quel deserto resta con noi e ci sostiene. Ecco perché è prova attraverso la quale matura qualcosa di incalcolabile valore. Fu dopo quella prova di 40 giorni che Gesù potè portare a tutti la lieta notizia: “Il Regno di Dio è vicino!” ed essere creduto. Infatti, solo chi affronta e supera certe prove diventa autorevole e credibile. Non è un buon motivo per affrontare con audace fiducia (non solo la Quaresima) ma soprattutto la vita – quando per un motivo o per l’altro prende l’aspetto di un deserto? Lo Spirito di Dio non si smentisce mai. Ci sostiene per farci crescere e maturare: perché dalla prova possa derivarne qualcosa di positivo e di buono. Per noi e per tutti.

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