Il cammino alla ricerca di se stessi

Foto © Thomas Goisque, 2021

Arriva in sala anche a Trento “A passo d’uomo” del francese Denis Imbert, già autore di numerosi episodi di serie televisive e di alcuni lungometraggi. Passato all’ultimo Trento Film Festival nella sezione “Anteprime”, il film è interpretato da Jean Dujardin, Premio Oscar nel 2012 per “The artist”. Il racconto è basato sull’autobiografia dello scrittore Sylvain Tesson che fu protagonista, al Trento Film Festival dello scorso anno, di “La panthère des neiges” (La pantera o il leopardo delle nevi) uno splendido lavoro che vinse la Genziana d’oro per il miglior film di esplorazione o avventura. Sinteticamente, “A passo d’uomo” è il racconto di uno scrittore, Pierre, alla ricerca di sé stesso dopo esser precipitato dal balcone di un albergo a seguito di una notte alcolica ed essere andato in coma. Al risveglio, a cui segue una difficile rieducazione, decide di attraversare la Francia a piedi lungo sentieri di montagna minori e poco frequentati, dalla Provenza a Mont Saint Michel. Nonostante in molti lo sconsiglino. È un viaggio dentro e lungo la propria vita, denso di incontri e riflessioni, alla scoperta della natura, che segna la rinascita del protagonista.

Pregio del film è la sua essenzialità, che mette in risalto le qualità interpretative di Dujardin. “Ho sempre avuto questa fantasia, molto umana, di partire liberandomi di un sacco di cose e di andare sui sentieri del mondo – ha dichiarato in un’intervista -. E quindi ho applicato alla recitazione ciò che stavo visualizzando. Il mio è un camminare per soffrire, il cammino della redenzione. Spogliandosi dei panni d’attore e calandosi negli elementi, rapportandosi con molta umiltà, all’ambiente. La scommessa era di rimanere su qualcosa di molto intimo”.
“L’eroe ha un lato selvaggio – ha commentato il regista Denis Imbert – come un lupo che osserva la vita degli uomini, tenendosene a distanza. Allo stesso modo, dalla regia mi sforzavo di vederlo uscire da un cespuglio, attraversare la strada e ripartire in un boschetto come un animale. Certi sentieri “neri” sono segnati dalle tracce degli animali selvatici. Mi piaceva questa idea di attraversamento, in continuo movimento. La Francia ha questa prospettiva, queste incredibili linee di fuga”. “In ogni scena si incontravano paesaggi – aggiunge Dujardin – senza sapere esattamente su quale pendio, su quale sentiero di cinghiale si stava “atterrando”. Vista la situazione in cui ero immerso, ci si lascia un po’ prendere dalle proprie emozioni e dalla propria fragilità”.

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