Il dopoguerra e le ferite dell’uomo

Michele Riondino in La guerra è finita

La guerra è finita, nell’Italia liberata il destino fa incontrare Davide (Michele Riondino), partigiano alla ricerca della moglie e del figlio deportati, Giulia (Isabella Ragonese), psicopedagogista che ha studiato lontano dal conflitto, e Ben (Valerio Binasco), ex ufficiale della Brigata ebraica. Tutti e tre hanno incrociato il loro cammino con alcuni bambini e ragazzi rimasti soli dopo la devastante esperienza dei campi di concentramento.

Nell’emergenza di trovare una risposta all’incertezza del futuro, decidono di occupare un casale abbandonato nella campagna emiliana. La piccola comunità dovrà imparare giorno dopo giorno a fare i conti con i ricordi e a ritrovare la voglia di vivere, giocare, studiare, lavorare e amare.

Per celebrare il Giorno della Memoria RaiUno propone in prima serata dal 13 gennaio per quattro lunedì la miniserie La guerra è finita. Diretta da Michele Soavi e brillantemente interpretata da un ottimo cast, racconta il difficile cammino della ricostruzione di se stessi e del proprio mondo. Lo fa ispirandosi a fatti realmente accaduti e al libro di Aharon Megged Il viaggio verso la Terra promessa. La storia dei bambini di Selvino, piccolo paese del bergamasco dove l’ex colonia fascista di Sciesopoli divenne la casa di ottocento bambini ebrei rimasti orfani e in attesa di partire verso Israele.

La tragedia della guerra e la crudeltà disumana della Shoah si svelano attraverso lo sguardo di bambini e ragazzi a cui è stato rubato il futuro. Mentre il casale si trasforma tra mille difficoltà nella loro nuova casa, le loro storie irrompono nel presente con drammatici flashback in bianco e nero. Un racconto fatto spesso di silenzi, riassunti emblematicamente nel mutismo selettivo del piccolo Giovannino, che nascondono il terrore di ricordare, e di gesti che testimoniano la necessità di stabilire legami, di tornare ad avere fiducia, di poter smettere di vedere negli altri solo il nemico.

Non ci sono eroi in questa storia, ogni personaggio racchiude dentro di sé luci ed ombre, e incarna la confusione di un’Italia ancora divisa, la forza di pregiudizi che alimentano odio, l’incredulità di chi non ha vissuto in prima persona l’orrore di una guerra che sembra non finire mai.

Come si può tornare a sperare? La risposta, anche se di difficile realizzazione, è lo sforzo di Giulia per far parlare i ragazzi, per riportare alla luce l’oscurità che ha invaso i loro cuori, e per alimentare una memoria che è l’unico antidoto per non precipitare di nuovo nell’abisso.

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