Il fu manicomio (ospedale psichiatrico) di Pergine

L’ex manicomio di Pergine Valsugana. Foto Gianni Zotta
Quando, con la legge Basaglia n.180, il 13 maggio 1978 fu decretata la chiusura degli ospedali psichiatrici, in Italia c’erano 71 istituti manicomiali.Si chiudevano le strutture ma non la malattia mentale che si sarebbe dovuta curare in appositi reparti degli ospedali generali. Da un secolo, in provincia di Trento, la cura della malattia psichiatrica era demandata all’ospedale “eretto con grave dispendio dalla Provincia (Tirolese)” fra il 1879 e il 1881 e inaugurato il 19 settembre 1882. Non vi furono imponenti cerimonie poiché “si era in piena emergenza alluvioni”.Avviato con duecento posti letto, l’ospedale psichiatrico fu via via ampliato fino ad ospitare 1700 ammalati. Nel corso della Grande guerra, i 504 pazienti psichiatrici furono trasferiti in altre strutture all’interno dell’Impero austro-ungarico e Pergine fu destinato quale ospedale militare.

Nel 1940, in seguito all’accordo Roma-Berlino sulle opzioni, 299 ammalati di lingua tedesca furono trasferiti oltre Brennero e molti di loro finirono assassinati dai nazisti.

Il “manicomio” di Pergine ha cessato di esistere nel 2002. Alcuni padiglioni sono stati riconvertiti in istituto scolastico, altri nel centro di riabilitazione “Villa Rosa”.

Sull’ospedale psichiatrico hanno scritto opere fondamentali: Casimira Grandi e Rodolfo Taiani (“Alla ricerca delle menti perdute”, 2002), Giampiero Sciocchetti (“Edificazione di un manicomio”, 2002), Giuseppe Pantozzi (“Gli spazi della follia”, 1989). Marina Pasini e Annalisa Pinamonti, invece, hanno inventariato l’archivio dell’ospedale di Pergine (1882-1981). Il relativo volume è stato edito nel 2003.

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