Il Sipario dei giovani

L’annuncio della sospensione della prestigiosa rassegna lagarina e nazionale

“Vogliamo lavorare con i giovani oggi, perché siano un pubblico più consapevole domani”. Si racchiude in queste parole il messaggio di Marisa Bruschetti, che da due anni si trova alla guida di uno dei festival di teatro amatoriale più longevi d’Italia: il Sipario d’Oro. Con i suoi due concorsi, di carattere regionale e nazionale, ed un circuito di spettacoli che esprime il meglio del teatro popolare trentino, il festival rappresenta ormai da quasi quarant’anni un punto di riferimento per la Vallagarina. A causa dell’emergenza coronavirus però l’edizione del 2020 è a rischio.

Marisa Bruschetti, come avete vissuto l’interruzione del festival ‘Sipario d’Oro’?

All’inizio è stato molto difficile, perché il festival era già cominciato, dal 15 febbraio. La confusione iniziale per noi è stata amplificata anche dal fatto di non avere un solo teatro, ma quattordici strutture in dieci comuni differenti. In alcune situazioni si sarebbe potuto andare avanti con il festival rispettando le restrizioni richieste, ma in altri teatri non sarebbe stato possibile.

I dubbi su come muoversi si sono però chiariti quando la Diocesi ha disposto di chiudere gli spazi parrocchiali ed è arrivata anche l’ordinanza nazionale.

Cosa avete stabilito per gli spettacoli in programma?

Abbiamo previsto una sospensione generale fino al 3 aprile. Poi, ammesso che da metà aprile o da maggio il Teatro Zandonai possa riaprire, la nostra idea è quella di recuperare subito il Circuito e il Concorso regionale, mentre per quello nazionale non ci saranno grandi possibilità. Nell’ipotesi peggiore invece dovremo posticiparli ad ottobre.

Il Sipario d’Oro, alla 39° edizione, rappresenta un soggetto ormai radicato in Vallagarina. Qual è il vostro ruolo sul territorio?

Da molti anni ci occupiamo, oltre che di promuovere le realtà teatrali, di rendere il pubblico più giovane. Per questo, in particolare a Rovereto, cerchiamo di coinvolgere il più possibile le scuole, portando avanti progetti come quello della Giuria Giovani, che coinvolge 60 ragazzi e ragazze nella valutazione degli spettacoli a concorso.

Questo impegno sta dando i suoi frutti?

Assolutamente, al punto che al Teatro Zandonai ormai troviamo un pubblico composto al 40% da giovani. Ma anche i teatri minori ne hanno beneficiato. Crediamo che la strada da perseguire sia proprio questa: lavorare sui ragazzi perché possano essere un pubblico più consapevole quando saranno adulti.

Portare il teatro nelle scuole quindi non deve essere una prerogativa del teatro professionale.

No. Anche le compagnie amatoriali, che hanno un forte radicamento sul territorio, devono fare questo tipo di ragionamento. Il teatro amatoriale non è un teatro di serie B: anche qui si vivono forti emozioni.

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