IPhone e i suoi fratelli, oltre il telefono

Era uno di quei martedì faticosi, di ripresa lenta dopo le vacanze natalizie che erano durate un giorno in più perché l’Epifania era caduta di sabato e si era rimasti a casa anche il 7 gennaio. In Finlandia, vicino ad Helsinki, lo stato maggiore della Nokia aspettava incuriosito, ma senza soverchie preoccupazioni, che dall’altra parte dell’oceano arrivassero le immagini dell’attesa presentazione dell’iPhone, il nuovo prodotto della Apple. “Abbiamo reinventato il telefono”, disse Steve Jobs. Negli uffici di Espoo, sede centrale di Nokia, che allora copriva quasi il 40 per cento del mercato mondiale dei telefonini, notarono che il nuovo telefono era senza antenna e non c’erano nemmeno i tasti. “Un’americanata, farà moda, ma la solidità dei nostri cellulari è ben altra cosa”.

Non più preoccupata fu la reazione a Waterloo, città canadese dell’Ontario, dove era nato il BlackBerry e da lì aveva conquistato il mondo. Un telefono con la tastiera come quella della macchina da scrivere e che consentiva di essere sempre in collegamento, a distanza, con un computer. Anche i manager canadesi non si preoccuparono più di tanto: il nuovo prodotto sembrava adatto alle attività ludiche, ai giochi e alle fotografie, non certo per le esigenze professionali.

Superfluo dire che le cose andarono diversamente: il 9 gennaio 2007 rappresenta la data di una rivoluzione nel mondo della comunicazione. Come quando, alla metà del quindicesimo secolo, la stampa a caratteri mobili di Gutenberg segnò un punto fermo nella storia della divulgazione della conoscenza, con un prima e un dopo.

Gli smartphone (iPhone e i suoi fratelli) non hanno solo soverchiato il mercato della telefonia mobile, con buona pace dei manager di Nokia e BlackBerry, ma hanno cambiato anche il nostro modo di vivere: si esce di casa senza cappotto, ma raramente ci si dimentica del telefonino che è diventato il nostro principale strumento di relazione, il nostro interfaccia per rapportarci con tutto ciò che ci è intorno, vicino o lontano.

Oggi in Italia ci sono 78 milioni di cellulari. Numero ben maggiore rispetto a quello degli abitanti (poco meno di 60 milioni): un dato che non deve stupire, sia per la diffusione di questo strumento, sia per la presenza di più utenze intestate alla stessa persona. Sorprendente è invece il dato relativo agli smartphone che vengono usati da 83,3 italiani su cento. Percentuale simile a quella dell’utilizzo di internet (83,5 per cento). Il dato viene dal Censis (indagine del novembre 2021) che spiega che proprio il lockdown ha portato alla crescita dell’utilizzo di internet (e degli smartphone) soprattutto tra gli over 65: dal 42 per cento (del 2019) al 51,4 per cento, salto di quasi dieci punti in poco meno di due anni.

Da quel freddo martedì di inizio gennaio del 2007 sono passati appena quindici anni e lo smartphone è diventato l’oggetto che ci accompagna sempre. Lo usiamo per telefonare, ovviamente. Ma la sua funzione principale è diventata altro: mandare e ricevere messaggi; dare un’occhiata per vedere se ci sono novità; farci guidare in macchina quando non conosciamo la strada; contare i passi quando camminiamo e registrare persino il battito cardiaco; essere reperibili in caso di bisogno e comunque rimanere connessi con il resto del mondo. Lo smartphone è diventato orologio, macchina fotografica, cinepresa e registratore audio; si può verificare l’altitudine a cui ci troviamo e accertarsi delle previsioni meteo. Si fanno pagamenti senza dover estrarre la carta di credito, si paga il ticket del parcheggio, si mostra il Green Pass. Consente addirittura di comprendere lingue sconosciute mediante i sistemi di traduzione immediata (scritta e vocale) e fare video chiamate con chi sta dall’altra parte del mondo. Ognuno può aggiungere qualcosa, a piacere: queste righe sono scritte sul “telefonino” e non più sulla tastiera di un computer.

Il mondo è cambiato ed è cambiata anche la nostra quotidianità. Rimane aperto il problema dell’impatto sociale, degli effetti su una comunità, delle regole (questione complicata) e di un minimo di galateo che riguarda il comportamento di ciascuno perché parlare con una persona che sbircia continuamente lo smartphone non è proprio un bel vedere.

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