La Chiesa non è un mercato

I lettura: Ezechiele 47,1-2.8-9.12;

II lettura: 1 Corinzi 3,9c-11.16-17;

Vangelo: Giovanni 2,13-22

“Sotto il lato destro del tempio usciva acqua…”. Non è un cronista a parlare, è un profeta: Ezechiele. E lo fa con immagini simboliche, perché – quando si tratta di dire cose vitali – sono più efficaci delle parole astratte. Quella sorgente che scaturiva dal tempio poco a poco diventava un fiume, e ovunque arrivava portava vita. Se nel suo percorso incontrava acqua di pozzanghere, stagnante e imbevibile, la rendeva potabile, ma soprattutto portava vita, vegetazione, là dov’era solo deserto. Ma di che si tratta esattamente?

È vero, è calata la percentuale di coloro che partecipano alla Messa della domenica, ma se potessimo vedere riuniti tutti assieme i cristiani che escono dalle chiese quel giorno, l’immagine che ne avremmo sarebbe quella di un fiume che scorre e si disperde su tutta la faccia della terra. Entra nelle case, nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, nelle scuole, negli uffici… E cosa porta? E’ poi vero che ovunque arriva fa respirare la vita? E’ proprio vero che noi cristiani – dopo aver celebrato l’Eucaristia – siamo in grado di ravvivare e “risanare” tutti gli ambienti che frequentiamo abitualmente? Ravvivare e risanare vuol dire portare armonia dove ci sono liti, fiducia dove c’è diffidenza e sospetto, speranza e coraggio dove regnano pessimismo e rassegnazione. D’altronde, non occorre nemmeno dirlo: per portare ad altri certe cose bisogna anzitutto averle. Non possederle, intendiamoci: averle perché le si è ricevute in dono.

La prossima domenica cade in un giorno che è già di per sé festivo sul calendario cristiano: Dedicazione della Basilica di san Giovanni in Laterano (la cattedrale del Vescovo di Roma, per intenderci). Ogni anno, a questa data, si ricorda l’evento della sua consacrazione a tempio di Dio, punto di riferimento per la Chiesa fatta di “pietre vive”, diffusa per tutta la terra. È questo infatti il vero tempio che sta a cuore a Dio: ogni altra chiesa – stupenda cattedrale o povera baracca che sia – è a quella realtà umana e viva che rimanda. “La vera Chiesa siamo noi”: quale cristiano può dire di non aver mai sentito quest’affermazione? Bene. Ma come dobbiamo intenderla? Le letture di questa festa ci possono orientare nel trovare la risposta.

San Paolo, anzitutto (seconda lettura): “Voi siete edificio di Dio… Non sapete che siete suo tempio e che lo Spirito di Dio abita in voi?”. Quasi a sottintendere: “Ma quante volte ve lo devo dire? Non è questo il vangelo che vi ho annunciato… o l’avete già dimenticato?”. Quella di Corinto, alla quale si rivolgeva, era una Comunità molto vivace, ma nella quale prosperavano anche i personalismi, con tutte le divisioni e contrapposizioni che ne conseguono. Inevitabilmente, del resto: quanti nella Chiesa si arrogano il monopolio della verità non possono che provocare disaccordo, conflitti, divisioni. Ma questo è semplicemente il risultato di un presupposto sbagliato in partenza: hanno usurpato il ruolo di Gesù Cristo. Paolo è quanto mai chiaro al riguardo: “Ciascuno stia attento a come costruisce… Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già c’è: Gesù Cristo”.

Il riferimento alla sede di Pietro, il legame con il Vescovo di Roma, è una garanzia in questo senso. Tra il “centralismo” mortificante, di cui la sede di Roma ha dato troppo spesso prova nel corso dei secoli, e i “personalismi” che non di rado hanno deturpato il volto delle Chiese locali, c’è una via evangelica che tocca a tutti rendere percorribile: quella della comunione, dell’unità.

Il vangelo dal canto suo riferisce di Gesù che, entrato nel Tempio di Gerusalemme, inizia a fare un “repulisti” alquanto rivoluzionario, rovesciando i banchi dei cambiamonete (addetti a sostituire la valuta straniera con la moneta del tempio) e scacciando i venditori di buoi, pecore e colombe (animali che i pellegrini compravano per offrirli poi in sacrificio). Tutte cose che declassavano a mercato la casa di Dio: “Non fate della casa di Dio un mercato!” grida Gesù.

Oggi il Tempio di Gerusalemme non esiste più. Esiste la Chiesa. Quand’è che rischia di ridursi a mercato? Non sono mai mancati gli “uomini di Chiesa” esperti di manovre e strategie finanziarie (non di rado poco pulite) più che di vangelo. Ma non è una ragione plausibile per dimenticare che la Chiesa (anche se molti giornalisti non lo capiranno mai) siamo tutti noi cristiani.

Quando ci lasciamo prendere dall’arroganza e pronunciamo giudizi malevoli sul nostro prossimo, oppure ci esaltiamo per quel bene che facciamo ignorando quello che fanno gli altri, o ancora: valutiamo il servizio che offriamo unicamente in base ai risultati (proprio come fanno i commercianti), allora è inevitabile: la Casa di Dio diventa davvero un mercato. Non è opportuno che ci lasciamo dare una bella ripulita dal Signore? I tempi (complessi) che stiamo attraversando forse possono maturare questo provvidenziale risultato. E allora, dal tempio di Dio potrà sgorgare ancora un fiume di acqua pulita… e ovunque arriverà porterà vita e salubrità. Sono parole di Dio: non vanno mai a vuoto. Si realizzano sempre.

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