La domenica, un dono a tutte e tutti

Foto © Gianni Zotta

Come ogni anno, nell’anniversario del decreto di Costantino sul “giorno del sole”, l’Alleanza altoatesina per la domenica libera esprime, in un breve comunicato, il significato della ricorrenza. “Nel venerabile giorno del Sole – stabiliva l’imperatore nel marzo del 321 – si riposino i magistrati e gli abitanti delle città, e si lascino chiusi tutti i negozi. Nelle campagne, però, la gente sia libera legalmente di continuare il proprio lavoro, perché spesso capita che non si possa rimandare la mietitura del grano o la semina delle vigne; sia così, per timore che negando il momento giusto per tali lavori, vada perduto il momento opportuno, stabilito dal cielo”.

Qualche decennio più tardi il “giorno del sole” (dies solis) divenne “giorno del Signore” (dies dominicus o dominica). E da allora è detto “giorno del Signore” nelle lingue romanze (domenica, dimanche, domingo, duminica), ma resta “giorno del sole” in quelle anglosassoni/germaniche (Sunday, Sonntag, Søndag, Söndag, Zondag), appartenenti a popoli più bisognosi dei caldi raggi solari o forse più ligi a Costantino il Grande. La domenica è fin dall’inizio un fenomeno misto di sacro e profano. Difficile distinguervi l’uno dall’altro. Ma quando il discorso si fa politico, ovvero si pone l’obiettivo di stabilire regole valide per tutti, la motivazione religiosa – o quella ideologica – va lasciata da parte.

In politica anche i cristiani, anche gli appartenenti a Chiese e religioni, anzi soprattutto loro, non possono che agire in uno spirito di autentica e sana laicità. Che non vuol dire abdicare ai propri principi, ma semplicemente sapere che le persone di altro credo non possono essere costrette a scelte e comportamenti che abbiano una motivazione legata ad appartenenze di carattere religioso. I motivi su cui si fonda una legge universale devono essere potenzialmente condivisibili da tutte le donne, da tutti gli uomini. Devono appartenere a un ethos universale e contribuire a codificarlo.

Quella per la domenica “libera”, se non vuole essere una battaglia di retroguardia, deve essere condotta distinguendo bene i piani. Un conto è il significato del giorno del Signore per i cristiani, un conto è il valore di un tempo di riposo settimanale per tutti, cristiani e non cristiani. Altrimenti la domenica non sarà più “libera”, ma schiava dei nostri integralismi. Oppure si può vedere la domenica come un dono. Come disse papa Francesco in una sua catechesi: “L’astensione domenicale dal lavoro non esisteva nei primi secoli: : è un apporto specifico del cristianesimo. Per tradizione biblica gli ebrei riposano il sabato, mentre nella società romana non era previsto un giorno settimanale di astensione dai lavori servili. Fu il senso cristiano del vivere da figli e non da schiavi, animato dall’Eucaristia, a fare della domenica – quasi universalmente – il giorno del riposo”.

La domenica come un dono che i cristiani fanno a tutte e a tutti. “Come giorno della solidarietà, della gratitudine e della gratuità, i cristiani mettono al servizio della collettività il bene prezioso rappresentato dal proprio giorno di festa, la domenica”. Lo troviamo scritto agli atti dell’ultimo sinodo diocesano di Bolzano-Bressanone. “Nella domenica si celebra soprattutto la gratitudine e la gioia verso Dio, verso l’umanità e verso il creato: per i cristiani è un segno importante e visibile di una nuova qualità di vita e l’espressione di uno stile di vita che trasforma il mondo in senso positivo”. La domenica è il giorno in cui la comunità cristiana si riunisce attorno alla Parola. Da coltivare, oggi, talvolta da reinventare del tutto è soprattutto la comunità (che rischiamo di aver perso più che la domenica).

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