La fede è ricerca dell’essenziale

Is 6,1-2.3-8

Sal 137

1Cor 15,1-11

Lc 5,1-11

Gesù chiede a ciascuno di noi di salire sulla barca della nostra vita, ci chiede di mettergli a disposizione la nostra vita per raccontare Dio. Lo accogliamo, gli facciamo spazio nei nostri pensieri, nelle nostre scelte, nel nostro agire? «Sulla tua Parola getterò le reti»: so fidarmi prima di ogni altra parola della Sua Parola?

Come sempre quando leggiamo una pagina di Vangelo non possiamo esimerci dal metterla a confronto con la nostra vita, dal lasciare che le parole di Gesù ci interroghino e illuminino le nostre strade. Guardiamo la scena descritta da Luca (5,1-11). Gesù ha davanti agli occhi uomini stanchi e delusi e, sulla riva ci sono le loro barche. Gesù sale sulla barca di Simone e comincia a insegnare. E se quella barca rappresentasse la nostra vita? Gesù nella nostra normalità, nel trascorrere dei nostri giorni sereni, persino nel nostro fallimento racconta Dio. Ha bisogno di situazioni normali Gesù per poterci mostrare Dio. Perché Dio è nascosto dentro la nostra normalità. Ha dell’incredibile l’invito di Gesù «Prendi il largo e gettate le reti per la pesca» ed è folgorante la risposta di Pietro: «Sulla tua parola getterò le reti.» Egli va oltre la sua esperienza di pescatore, non si arrende, dà fiducia a quella parola. La Parola di Gesù porta al largo, non ti inchioda ai tuoi insuccessi, ti invita sempre ad andare oltre. E’ stato grande il miracolo di una pesca tanto abbondante, ma forse più grande ancora è stato il miracolo di non abbandonare la barca, di non scappare dal proprio mestiere di vivere, di ritentare, di credere. Pietro s’accorge che Dio è li che gli è passato accanto, che si è fermato da lui, ed è preso da un senso di timore. Intuisce la distanza enorme che lo separa da Dio e gli chiede di allontanarsi: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore.» Ma di Dio non si può aver paura,non si può avere il terrore di un Dio giudice inflessibile. Un tempo così si predicava e forse anche per questo donne e uomini si sono allontanati dalla fede e da una chiesa che non conosceva la misericordia. Basta il senso della propria inadeguatezza, della propria fragilità e Gesù ti riabilita. «Non temere: d’ora in poi sarai pescatore di uomini.»(lett. «Prenderai vivi gli uomini») Cosa avrà voluto dire Gesù con questa frase? Pietro ha detto “allontanati da me”, evidenziando il rapporto suo con Dio, sentendone anche il peso. Gesù lo invita ad un rapporto nuovo con gli uomini. Sappiamo che pescare un pesce significa togliere il pesce dal suo habitat per dargli la morte. Pescare un uomo che sta nell’acqua, al contrario, significa toglierlo dall’ambito che gli può dare la morte e portarlo in un ambito vitale. «E abbandonato tutto lo seguirono.» Restano sulla riva le reti, le due barche vuote. Pietro e gli altri che erano con lui, seguono Gesù, per ascoltare tante volte ancora la sua parola, per continuare a fidarsi, per essere annunciatori e portatori di vita. Se la chiesa, se le comunità cristiane, come Pietro sapessero fidarsi: «Sulla tua Parola», annuncerebbero una vita che si rinnova ripetendo i gesti di Gesù, la sua tenerezza per i malati, l’incoraggiamento per i delusi, il perdono per i peccatori. Ma spesso mi accompagna l’impressione che la vita di fede si basa più sulle devozioni che non sulla ricerca dell’essenziale che viene dal Vangelo. Bisogna avere il coraggio di chiedersi se per caso non vada bene a troppi basare la propria vita sulle parole di qualche Madonna che appare da qualche parte, o di Padre Pio, o di qualche veggente. Ricordo S. Francesco che esortava i suoi frati a vivere il Vangelo sine glossa, «senza troppi commenti che finirebbero per manipolarlo ad uso di qualcuno.» Potrà essere preso sul serio nei nostri giorni questa indicazione francescana?

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