La parola di Felicia Impastato

Il film è stato realizzato e trasmesso dalla Rai nel 2016, a 10 anni dalla scomparsa di Felicia Impastato ed è stato riproposto venerdì scorso, 22 maggio, per la Giornata della legalità.

Diretto da Gianfranco Albano e interpretato da una strepitosa Lunetta Savino, il film ricostruisce la personale battaglia contro la mafia della madre e del fratello minore di Peppino Impastato, fatto letteralmente a pezzi dalla mafia nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 per ordine di Gaetano Badalamenti.

Dal 1978 al 2002, quando finalmente il boss di Cinisi viene processato per il delitto Impastato e condannato all’ergastolo, è un cammino doloroso e solitario, apparentemente impraticabile. Felicia ha contro tutti, non solo il clan di Badalamenti, ma la famiglia mafiosa del marito, la cittadinanza di Cinisi e perfino i carabinieri che depistano le indagini cercando di accreditare la messa in scena mafiosa che vuole Peppino terrorista oppure suicida.

Ma lei (classe 1916), non si lascia intimidire e persevera: si costituisce parte civile, ingoia almeno due archiviazioni per mancanza di prove e di fronte a una Giustizia che non riesce a svolgere il proprio compito e sta per finire anch’essa sotto il fuoco della mafia, avvia un’azione personale di affermazione della verità, quella verità che le istituzioni non sono in grado di affermare, quella verità che il paese conosce ma non vuole dire e neppure sentir dire. Così lei spalanca porte e imposte di casa sulla pubblica via e mostra a tutti chi era e cosa faceva realmente Peppino Impastato e perché la mafia lo ha eliminato.
Perché Felicia sa che quella mafiosa è una cultura da sradicare e non lo si fa né con la vendetta, né con le armi: “la mafia si combatte con le parole, non con le pistole”. È il suo vangelo. E lei mostra e racconta, custodisce la memoria di ciò per cui il figlio ha dato la vita e la fa vivere nell’oggi.

Nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali il Papa ha scritto: “Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazione, perché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita”. E ancora “Immergendoci nelle storie, possiamo ritrovare motivazioni eroiche per affrontare le sfide della vita”.

Felicia Bartolotta Impastato è morta il 7 dicembre 2004 e al suo funerale, fatte poche eccezioni, la gente di Cinisi non c’era. Ma c’erano altri. 10 anni dopo il film che narra la sua storia è stato guardato da quasi 7 milioni di spettatori, 4 anni dopo altri 5 milioni si sono aggiunti e la piattaforma di Raiplay lo mette a disposizione di chiunque. Come la casa di Felicia, aperta a chiunque voglia sapere la verità. La narrazione continua: non fa macelli ma cambia i cuori. E alla fine vince.

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