La piccola vichinga smonta-stereotipi

“Mi sono comunque tenuta le trecce: sono comode, altrimenti i capelli si annodano. Sono stata costretta a imparare a cucire, ma appena ho imparato, mi sono fatta dei pantaloni per correre e un vestito più corto perché alla fine mi piacciono anche i vestiti”. Queste sono le parole con cui una ragazzina bionda si presenta al lettore nelle prime pagine di Dagfrid. Una bambina vichinga (Babalibri, da 7 anni). Sono molte le cose della sua giovane vita che la irritano: doversi fare le trecce, dover portare sempre un abito lungo, dover mangiare pesce a colazione, pranzo e cena, vivere in una casa umida fatta di torba.

A Dagfrid non piace neanche il suo nome. Non le va soprattutto il fatto che le ragazze debbano aspettare a riva che gli uomini tornino dal mare e che non possano andare a scoprire l’America.

A tutto, però, c’è un limite. Così un giorno Dagfrid fa in modo che le cose cambino. Perché sì, finalmente riesce a partire in mare con suo fratello maggiore. È dura e sta male, ma impara molte cose, vede posti nuovi, assaggia cibi diversi, vive un’avventura rocambolesca e, alla fine, la sua autostima ne esce molto rafforzata.

È vero che si tratta di una storia ambientata al tempo dei Vichinghi e che l’educazione della ragazzina allora non poteva che essere tradizionale, ma lo spunto da cui l’autrice parte per raccontare ai bambini una storia molto moderna, è azzeccato. Perfetta interprete dello spirito conquistatore dei vichinghi, Dagfrid, nonostante il suo nome poco comune anche tra quelle popolazioni, sa perfettamente cosa vuole e dove desidera arrivare ed è consapevole delle sue capacità.

Sono libri con storie come queste che, anche se semplici e divertenti, in fondo, aiutano i ragazzini a vedere le cose in modo nuovo, ad aprirsi ad altre interpretazioni del mondo e delle persone, ad accettare modelli diversi. Nonostante il formato ridotto che la collana Superbaba impone, testo e immagini sono ricchi di ironia e di frecciatine che relativizzano l’educazione fortemente stereotipata subita dalla ragazzina in quanto femmina e offrono uno sguardo più ampio su come si può e si deve affrontare la vita. Non c’è determinismo, non ci sono imposizioni, ci sono possibilità, uguali per tutti. Se qualche Dagfrid le vuole sfruttare, va bene. Se altre Solveig o Astrid preferiscono non approfittarne, va bene lo stesso.

Con risate e leggerezza si possono mettere in discussione e superare le convenzioni, il pensiero comune. L’identità personale e il suo rispetto sono la cosa importante. Il punto di vista non è mai uno solo e lo stereotipo si può facilmente smontare.

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