Omar ha 40 anni, vive a Rimini, il suo sogno è sposarsi, avere tre figli e soprattutto partecipare al talent “yes you can” e diventare un cantante rap famoso come il suo idolo Fabri Fibra. La sorella minore Irene vive a Roma e torna a casa per qualche giorno per prendersi cura di lui in assenza dei genitori.
“Una vita da grandi” è il debutto alla regia di Greta Scarano, anche co-sceneggiatrice di una commedia brillante, piena di umorismo e ritmo, ispirata alla storia vera di Damiano e Margherita Tercon, ideatori di un progetto di inclusione e arte (terconauti.com), e uscita nelle sale in concomitanza con il 2 aprile, Giornata mondiale dell’autismo.
Omar – ottimo esordio per il talentuoso attore autistico Yuri Tuci – è autistico ma ciò non gli impedisce di sapere cosa vuole. Interpretata da un’altrettanto brava Matilda De Angelis, Irene invece, dopo le tensioni iniziali per la responsabilità nei confronti del fratello, proprio grazie al ritrovato rapporto con lui metterà in discussione l’apparente stabilità della sua vita professionale e di coppia, ritrovando se stessa. Opponendosi all’eccessiva protezione dei genitori, Irene scardina abitudini e routine, dando a Omar la possibilità di scegliere da solo, affrontando le incognite del domani come fa ogni persona adulta. La sincerità del fratello è spiazzante, la sua bontà lo mette nei guai, canta bene ed è determinato, e Irene lo invidia perché non ha paura del giudizio altrui né di cercare la felicità. Inizialmente sconosciuti, il loro legame riemerge sulle note di “Ci vuole orecchio” di Enzo Jannacci, brano che li unisce fin da bambini, simboleggiando il saper stare al passo con ciò che accade nella vita. Cantata al provino da Omar con Irene, che si finge sua manager, apre a una nuova dimensione: è lui a prendersi cura della sorella, e lei mostra ai genitori che “prestare orecchio” e valorizzare le sue potenzialità fa parte di un processo di crescita che, nella reciprocità, restituisce rispetto al fratello – sta crescendo, dice il padre -, rompendo la barriera sociale che, confida Omar, lo fa sentire inferiore e invalido.
La pellicola racconta la loro vita quotidiana in modo realistico e coinvolgente, affrontando con franchezza temi delicati come il “dopo di noi”, l’autonomia, le relazioni familiari. Scarano centra il bersaglio, presentando efficacemente e senza retorica il punto di vista di Irene – cresciuta “invisibile”, ora riapparsa a fianco del fratello lo vuole felice -, e di Omar, che ha vissuto il confronto con una sorella “normale” e si impegna per essere libero di vivere pienamente. Si ride e, al tempo stesso, ci si immedesima nella fatica di cambiare e di entrambi: la disabilità non definisce le persone, e a volte sono i “normali” quelli “strani” come dice Irene al compagno Ugo.