Una giovane donna sale su un taxi, è pensierosa e ha lo sguardo triste. Appena riceve un sms prende in mano lo smartphone e durante la corsa che dall’aeroporto JFK di New York la riporta a casa avvia una conversazione con l’uomo che le scrive, iniziandone una anche con l’esperto e intuitivo tassista Clark, una sorta di guida nel “traffico” di sentimenti ed emozioni che la donna sta affrontando dopo un viaggio in Oklahoma, spartiacque forse decisivo nella sua vita. La regista-sceneggiatrice Christy Hall mette la parola al centro di “Una notte a New York”, film d’esordio girato in studio affidandosi ai primi piani dei protagonisti, il Premio Oscar Sean Penne Dakota Johnson (anche produttrice), e ad un dialogo intenso e poi molto intimo e personale che consente ai due sconosciuti di affrontare le proprie fragilità mentre attraversano le vie newyorchesi, proiettate con una tecnologia apposita su grandi schermi ad alta definizione.
Le due settimane ospite della sorellastra e il viaggio di ritorno sono per la giovane come l’immersione subacquea che il tassista le racconta di aver fatto, provando paura di respirare, un tempo in apnea in cui ha vissuto il dramma di un aborto spontaneo senza dirlo a nessuno, e poi c’è il tempo sospeso della corsa in taxi con l’inaspettato svelamento reciproco di segreti, che i messaggi al cellulare non interrompono, espediente usato per alimentare il dialogo su temi importanti. Tra silenzi, sguardi, ascolto e parole pesate, conducente e passeggera entrano in confidenza e fanno insieme un viaggio interiore parlando delle relazioni importanti nella loro vita, della solitudine che tutti provano e di verità scomode su come uomini e donne vivono il rapporto sentimentale. Il confronto tra mondo maschile e femminile è anche tra generazioni. La giovane non rivela il suo nome, ma si apre, analizza la sua relazione con l’uomo sposato più grande di lei e i suoi legami familiari, capendo di essere condizionata dalla mancanza di affetto paterno, e Clark dice quello che pensa senza peli sulla lingua: per gli uomini conta solo il potere derivante dal possedere cose e donne, ma ricorda con rimpianto e tenerezza i bei momenti trascorsi con la prima moglie.
La pellicola è ambientata di notte all’interno del taxi – un lavoro che Clark immagina sarà svolto in futuro dall’Intelligenza Artificiale -, uno spazio protetto dove svelarsi senza filtri e “lavare” via alcune paure e sensi di colpa, e la regista esplora l’interno dell’anima, la vulnerabilità umana, la disumanizzazione dei rapporti causata dai contatti virtuali. Il linguaggio è molto diretto e a parte alcune immagini volgari inviate sullo smartphone che nulla aggiungono al realismo della vicenda, il film sa creare l’attesa per la confessione finale, puntando a mostrare quanto l’ascolto autentico che permette di dire sentimenti inespressi sia liberante e possa innescare un reale cambiamento.