Le congratulazioni del Risorto

I lettura: Atti degli Apostoli 2,42-47;

II lettura: 1Pietro 1,3-9;

Vangelo: Giovanni 20,19-31

Dopo la parentesi delle vacanze pasquali, ecco che tutto rientra nella normalità: quella normalità fatta di cose ordinarie (come il lavoro o la scuola) ma anche di avvenimenti e fenomeni problematici. Verrebbe da pensare che – Pasqua o Quaresima che sia – nulla in realtà è cambiato. Ma allora, cos’è la Pasqua? È solo una vampata di folklore religioso destinata a estinguersi in fretta? Che ne è dell’energia di risurrezione che ha aperto dall’interno quel sepolcro?

La forza della risurrezione non si è affatto esaurita, solo che non passa per i canali televisivi di mezzo mondo, non si fa sentire attraverso clamori che tutti – anche i sordi – sarebbero costretti a percepire. La forza della risurrezione si fa strada in tutt’altro modo nella storia del mondo. E da cosa la si vede?

Dalla vita. Dal fatto che ci sono uomini e donne che non si lasciano abbindolare dalla confusione delle idee o dalle mode culturali più o meno stravaganti, ma ogni primo giorno della settimana si radunano e prestano attenzione a una Parola che li fa vivere, perché – pur senza rimbombare in modo clamoroso – viene da Dio: “quelli che erano stati battezzati erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli” riferisce san Luca nella prima lettura della prossima Domenica. E oltre che accogliere quell'insegnamento, si spezza insieme il pane della Vita, si parla con un Dio che è Padre, e poi si riparte per affrontare con sentimenti di speranza e atteggiamenti di fraternità quell’esistenza che è fatta soprattutto di giorni feriali. Ecco da dove traspare la forza della risurrezione che ha risvegliato Gesù dalla morte. A monte della fedeltà che porta alla Messa domenicale c’è, appunto, quella forza. Perché la nostra non è più l’epoca in cui si fanno le stesse cose solo perché si son sempre fatte; se si fanno, è perché ne vale la pena: il movente allora non è l’abitudinarietà, ma la fedeltà, che è tutt’altra cosa.

È una forza che non si esaurirà mai; una corrente che potremmo deviare, se volessimo, ma non arrestare. Pietro, l’apostolo, ce lo ricorda (nella seconda lettura): “Dio ci ha rigenerati mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva!”. Come è forte questa affermazione! Rigenerati per una speranza VIVA. Non per speranze morte (ce ne sono già tante di queste: speranze di corto respiro, speranze solo stagionali). No, qui si tratta di una speranza VIVA! “Perciò – continua – siete ricolmi di gioia!” E si noti, afferma proprio siete, non siate, perché la gioia non ce la creiamo noi, ma ce la dona lui: il Signore risorto. Forse noi la seppelliamo sotto uno strato di preoccupazioni, di interessi, o di chissà quali altre cose, ma c’è comunque in noi la radice di quella gioia! Certo che ci sono le prove, le difficoltà, i giorni di apprensione: nell’esperienza di ciascuno come nella vita del mondo; ma anche l’oro si purifica col fuoco (parole di Pietro), perché risulti ben carato. E perché la vostra fede dovrebbe essere da meno? Non è forse più preziosa dell’oro?

Il fondamento della nostra speranza VIVA è Gesù, il Signore risorto. “Voi lo amate – continua l’apostolo – anche se non l’avete mai visto, e ora, senza vederlo credete in lui: esultate, quindi, di gioia indicibile e gloriosa!”. No, non lo vediamo, e allora le conseguenze possono essere due: o facciamo come Tommaso che rifiuta di credere, oppure ci fidiamo della parola di Gesù Cristo, che dichiara beati – cioè più fortunati – quelli che credono senza aver visto, anziché coloro che hanno veduto e toccato. È strano, se si vuole, ma è proprio ai primi che è riservata la gioia: “Voi che lo amate senza averlo visto – dice Pietro – voi che senza vederlo credete in lui, esultate di gioia indicibile e gloriosa!”.

È troppo grande l’evento della Pasqua per pretendere di verificarlo con i nostri criteri abituali: se non vedo, se non tocco… No. Non funziona. L’unico modo per entrare in sintonia con Gesù risorto e vivo è quello di amarlo e credere in lui senza vederlo. Se lo potessimo vedere, toccare, come si vede e si tocca ogni persona, non sarebbe il Cristo risorto quelle che ci sta davanti e soprattutto non potremmo sperimentare quella gioia indicibile e gloriosa. La beatitudine di cui parla Gesù è per quelli che non hanno visto ma hanno creduto. E beati, lo ripeto, vuol dire fortunati, felici… È come se Gesù dicesse: Mi congratulo con voi che credete; voi che vivete in stretta relazione con me, potete sperimentare la gioia, anche in mezzo a preoccupazioni e prove… Beati!

Da allora, è questo complimento che Cristo rivolge a quanti si radunano nel suo nome: ogni primo giorno della settimana. “Soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo”. Beati quelli che in questa occasione si lasciano contagiare dalla forza della risurrezione, e affrontano la vita di ogni giorno non col fiato corto, ma con grande respiro. Che anche noi possiamo essere tra questi.

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