“L’indovinello della tigre” di Fabian Negrin

Un proverbio dice che il lupo perde il pelo ma non il vizio e un altro che la tigre non ha un interruttore per spegnerla quando ci fa comodo. Entrambi gli enunciati di saggezza popolare conducono alla storia di questo libro dove c’è una tigre che, nonostante il suo dichiarato impegno a non divorare le pecore, non riesce a controllarsi e finisce col farlo.

L’indovinello della tigre (Edizioni Corsare; età +6) è un interessante libro illustrato di Fabian Negrin, autore e illustratore di origine argentina, che da tempo lavora in Italia pubblicando libri per bambini e ragazzi di vario genere, stuzzicandone sempre fantasia e curiosità. Sono lavori che sfidano i lettori a mettersi in gioco con ciò che sta loro davanti per scoprire che la narrazione più evidente nasconde sempre diversi altri piani di lettura.

Fabian Negrin non si ferma all’apparenza, ma punta in profondità, e vi ci porta anche i suoi lettori. Ciò succede anche in questo libro dove la tigre con l’inganno e la scorrettezza si mangia tutte le pecore nascoste nella miniera, tirandole fuori con le lusinghe, visto che lei è troppo grossa per passare attraverso il buco di apertura

Lo stratagemma di un indovinello apparentemente innocuo, diventa il fulcro della storia perché, come per tutti, anche per le pecore è difficile resistere alla tentazione di trovare la risposta esatta all’enigma.

Come una favola, seppur con il finale da fiaba, tigre e pecore parlano tra di loro e dalle loro parole e dal loro agire, specchio del parlare e del comportamento umano, emerge il significato dell’episodio.

L’attacco di Negrin in queste pagine è contro il potere che soggioga i più deboli e li convince ad ubbidire, ad agire contro il proprio interesse in favore di quello di chi domina. Allo stesso tempo questo potere, però, è anche un po’ ottuso, o perlomeno, accecato dalla propria sicurezza al punto da cadere anch’esso vittima di un potere ancora più forte, che non sfrutta però le parole e l’eloquio, bensì la paziente attesa. La tigre stessa, da sola, infatti, alla fine cade letteralmente nelle fauci di un potente più forte di lei e scompare.

La favola è finita, anche se non c’è una morale esplicita, e la fiaba subentra sull’interno dell’ultima copertina, quando il lettore attento nota che alla tigre non rimane solo il danno, ma anche la beffa. In fin dei conti la furbizia della belva è tanta, l’intelligenza un po’ meno.

Tanto le parole quanto le illustrazioni di questo libro sono curate ed eleganti e si alternano sapientemente nel raccontare la storia e nel descrivere le sue protagoniste. Interessante notare l’uso del tratto blu su sfondo bianco per rappresentare con linee grosse e sicure la tigre, con linee sottili e più incerte le pecore.

Le pagine dedicate all’indovinello e alla sua soluzione, invece, sono verdi e il disegno bianco. In entrambi i casi, un gioco di forza che si riflette nell’uso del colore e nel suo imporsi sulla carta.

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