Lui mi ha salvato!

Is 50,5-9a;

Sal 114 (116);

Gc2,14-18;

Mc8,27-35

La Parola dell’odierno Vangelo più che mai, – benevolmente – sembra “metterci con le spalle al muro”. La domanda da Gesù diretta ai suoi discepoli “Ma voi chi dite che io sia?” (Mc 8,29) difficilmente non provoca ognuno di noi almeno nel tentativo di trovarvi una personale risposta. E buono sarebbe donarsi il tempo necessario per sostare a questo appello, per ascoltare ciò che ci nasce dentro, forse per accorgerci che da un po’ ci siamo allontanati dalla voce del Maestro, della quale manteniamo però una sottile nostalgia. Per aiutarci a trovare una pista che ci orienti, intanto accogliamo la reazione del testimone Pietro, il quale, senza tentennare, a Gesù dichiara Tu sei il Cristo (Mc 8,29). Osserviamo come la risposta non sia la copia di quella della folla che pure lo riconosce come un profeta (vedi Mc 8,28); lo sguardo dell’apostolo sembra penetrare ancor più in profondità nel cogliere l’identità di Gesù. Ma questo da dove gli nasce? Vi è differenza tra la conoscenza di qualcuno data da un rapporto occasionale, magari interessato e funzionale ad un preciso bisogno, (come rappresenta qui la folla), e quello che s’instaura nella relazione costante, quotidiana, intima e di vicinanza; ciò che dice Pietro non nasce da un’opinione, ma piuttosto dall’esperienza che egli via via ha vissuto, insieme agli altri discepoli, con e di Gesù.

La sollecitazione a cogliere chi Egli sia veramente percorre tutto il vangelo secondo Marco, e a ogni riga l’evangelista ci sprona a comprenderlo non attraverso una conoscenza di tipo intellettuale; ma piuttosto passando dal nostro profondo, incrociando il nostro cuore con il suo. Benché quanto dichiarato dall’apostolo sia non solo vero, ma pure decisivo per il cammino di sequela del gruppo dei discepoli, come nel vangelo della scorsa domenica, Gesù ingiunge un’altra volta il silenzio sulla sua identità di Cristo. Sappiamo che Il Messia (Cristo nella lingua ebraica) atteso dal popolo ebraico fosse immaginato per lo più con le caratteristiche del guerriero forte e potente, in grado di scacciare gli invasori romani, instaurando definitivamente il regno di Dio. Ma Gesù non la pensa così: nel suo primo annuncio di passione e resurrezione che qui troviamo, si riflette piuttosto un’altra realtà, così potentemente evocata dal profeta Isaia nella prima lettura. Nella figura del servo sofferente, oggi presentato in una delle versione dei “quattro carmi”, troviamo la profezia del messianismo che sarà di Gesù: una strada all’opposto del trionfalismo del vincitore, quello immaginato forse anche dal primo degli apostoli. Pietro però incassa la lapidaria reazione del Maestro nel momento in cui tenta con Lui la via della dissuasione rispetto ad un programma così tragico e strano (Mc 8,32). Gesù, mentre esclama “Va dietro a me, Satana!” (Mc 8,33) allarga nondimeno lo sguardo su tutta la cerchia dei discepoli, probabilmente non molto lontani dalla sua posizione. Questa espressione, fra le più note del Vangelo, va tuttavia non fraintesa. L’ingiunzione fatta all’apostolo è quella di ritornare nella posizione della sequela: vengono infatti ripetute le stesse parole contenute nel momento della chiamata, dove ai primi quattro discepoli Gesù si rivolge allo stesso modo con l’invito “Venite dietro a me…” (vedi Mc 1,17). Il titolo di Satana allude al termine “divisore”, da Lui incontrato nel deserto delle tentazioni. Certo è che Gesù con queste parole non rifiuta Pietro! Non sarebbe questa una clamorosa smentita al suo fondamentale atteggiamento di accoglienza e benevolenza? Gesù, il Cristo, è venuto veramente ad inaugurare il Regno di Dio, ma a cominciare da ognuno di noi, in una nuova generazione: un cambiamento solo politico, un ribaltamento del potere esterno cosa avrebbe cambiato profondamente nelle vite dei discepoli di allora e di noi oggi? Questa è la novità che passo dopo passo ci indica Marco; seguendo Gesù fin sotto la croce possiamo comprendere la nuova logica del Regno che per tutti, proprio tutti, nessuno escluso, è aperto. Non è cosa che riguarda solo chi sta in alto, o una cerchia particolare di persone; il rinnovamento prende avvio proprio da me, da te, da chi vuole seguirlo!

Leggiamo infatti: “Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro…” (Mc 8,34): lo sguardo di Gesù s’allarga, insieme al suo invito a seguirlo in questo nuovo orizzonte. Riguardo all’ultima parte di questo vangelo, così noto, confessiamo la nostra debolezza: dichiariamo l’inadeguatezza nel dover esprimere un pensiero che non vada nella direzione del “già detto”, se non peggio nello scontato. L’invito del Signore a rinnegare noi stessi (Mc 8,34b) ha conosciuto e conosce ogni giorno storie note e per lo più meno note di generosità, gratuità, rinunce e fatiche in nome dell’amore per l’altro. Ogni storia con il suo prezioso filo rafforza l’ordito del Regno che, nella fede, insieme, pazientemente, andiamo costruendo. Ma la croce che salva tuttavia è quella di Gesù: “Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore” (versetto alleluiatico) ci ricorda Paolo: è in lei la nostra salvezza! E questa è buona novella. Papa Francesco nell’ultima esortazione Gaudete ed Exsultate, tutta da leggere, più volte sottolinea quanto la via alla santità altro non sia che il continuo sforzo di sequela di Gesù, ma tuttavia – e in questo sta una diversità importante – il suo modo d’indicarne il percorso non assume mai i toni doloristici che spesso hanno rivestito le parole del brano del vangelo odierno. In un bel passaggio si legge: “Il santo è capace di vivere con gioia e con senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza” (G.E. n.122). Bella prospettiva, no?

A cura della Comunità Monastica di Pian del Levro

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