L’umiltà mantiene vivi. La testardaggine trasforma in fossili.

I lettura: Ezechiele 18,25-28;

II lettura: Filippesi 2,1-11;

Vangelo: Matteo 21,28-32

Qual è la persona in gamba? Quella che va sempre dritta per la sua strada? Sì, ma c’è strada e strada. Forse la persona in gamba è quella che – se ha preso una strada sbagliata – se n’accorge, e ha il coraggio di tornare indietro e prendere quella giusta. È di questo avviso la breve parabola che il Signore ci consegna la prossima domenica. È uno spaccato di vita; chissà quanti genitori pensano: “sì, è proprio quello che capita anche a casa nostra”. “Figlio, va’ a lavorare nella vigna” disse il padre. “Sì, subito” rispose. Ma non ci andò. Certi figli sono specialisti nell’abbindolare i genitori: ossequiosi, disponibili, servizievoli. ”Sì, papà… Ma certo, mamma… Come vuoi tu… Ma figurati! Ci mancherebbe…”. Poi, appena fuori dalla porta, fanno tutto l’opposto. Un altro figlio aveva quell’uomo – dice Gesù nel Vangelo. Un figlio un può scontroso, sembra, uno di quelli che non fanno tante smancerie; “sì … no” è tutto quello che dice. “Vai a lavorare nella vigna, figliolo”. “No” rispose. E gli voltò le spalle. Ma poi ci ripensò: “si pentì e vi andò”. Non occorre aggiungere che quest’altro ha fatto piacere a suo padre, ha fatto ciò che era giusto fare.

Ora, dal momento che le parabole servono a Gesù per spiegarci chi è Dio, come la pensa, come si comporta, ecco la conclusione: Dio, Padre nostro, guarda più ai fatti che alle parole; gli interessa più la sostanza che l’apparenza. È contento di vederci riuniti la domenica (perché ogni padre è contento di incontrare i suoi figli), gli fanno piacere le parole di fiducia che gli diciamo o cantiamo… ma è sempre dal lunedì al sabato poi che ne ha la verifica e vede se erano vere, sincere, affidabili. Dio nostro Padre è così saggio ed così equilibrato che non ci condanna se invece che “sì” gli rispondiamo “no”: sopporta con pazienza i nostri voltaspalle, i nostri “no”, perché sa benissimo che col tempo possono diventare dei “sì”…

Ebbene, se Dio è così, noi in quale di quei due figli ci riconosciamo? Siamo di quelli che vanno sempre dritti per la loro strada (tanto che arrivati alla curva piombano giù per la scarpata), o siamo di quelli che – appena si accorgono che la strada è sbagliata – sanno voltarsi e tornare indietro?

Belle quelle strade di pianura, dritte a perdita d’occhio… ma penso che nella vita strade così non ce ne siano molte. Oggi vedi dritto per un po’, ma le situazioni della vita sono così imprevedibili che non di rado uno si ferma e dice: “Eh, no… non è affatto giusta questa strada. Mi sembrava di dovermi comportare così verso mio figlio – o verso i miei genitori – ma non è giusto… Devo cambiare”. Oppure: “Con i miei colleghi di lavoro – con quella persona in particolare – ho sempre avuto questo atteggiamento, ma le relazioni non han fatto che peggiorare… Non posso continuare così”. O ancora: “Ho sempre pensato che il meglio per me, per la mia famiglia, fosse questo – questi valori, questi interessi, questi ideali – ma… ho preso lucciole per lanterne”. Purtroppo ci sono persone così piene di sé, che vanno avanti lo stesso, anche se sanno che la strada è sbagliata. Ritengono umiliante cambiare idea, mentalità, riconoscere che hanno sbagliato. Eh, sì: è questione di umiltà. Senza umiltà, si va dritti sì, ma nel burrone. Troppi pensano che l’umiltà sia atteggiamento da deboli, da gente senza filo della schiena… No, affatto. Dio, che è più grande di tutti i grandi, ha grande esperienza di umiltà. Ce lo ricorda san Paolo in questa Domenica: “Fratelli, non fate niente per rivalità o per vanagloria… comportatevi con umiltà. E a questo riguardo, guardate Gesù: lui, pur essendo Dio, non lo ritenne affatto un privilegio esclusivo, anzi, si svuotò di tutta la sua grandezza e si fece servo”…

Eh, sì: Dio – in Gesù – ha grande esperienza di umiltà. Altro che segno di debolezza! L’umiltà è indice di vera grandezza, di equilibrio, di sapienza. Chi non sa o non vuole essere umile, non è perché sia grande, ma perché è piccino, stolto. Chi non vuole tornare su certi “no” sbagliati per farli diventare dei “sì” giusti, non è perché è forte: è debole, ha paura di cambiare. Ma chi ha paura di cambiare, ha paura di vivere.

Sì, ma… qual è il criterio per capire che si è sbagliato e si deve cambiare? Dev’essere un criterio affidabile, sicuro. Ne conoscete uno più affidabile del vangelo, più sicuro della volontà di Dio? “Divenuto uomo come noi – afferma ancora san Paolo – Gesù umiliò se stesso, facendosi obbediente a Dio”. Solo nell’umiltà si può obbedire davvero a Dio, al vangelo, alla parola che ascoltiamo la domenica… L’umiltà ci rende duttili, malleabili ai cambiamenti buoni che Dio vuole realizzare in noi. La superbia, la testardaggine invece fanno di noi… dei fossili, che nulla e nessuno potrà mai cambiare. Non è meglio restare vivi e duttili nelle mani di Dio, anziché diventare dei fossili?

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