“Non abbiate paura”

Ger 20,10-13;

Sal68;

Rm 5,12-15;

Mt 10,26-33

La paura è un’emozione che ci accompagna per tutto il corso della nostra vita. Da bambini ci sentivamo al sicuro solo fra le braccia dei nostri genitori. A scuola poi ci rammaricavamo di non essere ancora abbastanza grandi,quando un improvviso rossore ci tingeva il viso, perché qualche nostro compagno ci prendeva in giro, dandoci del fifone. Da giovani ci imponevamo di rimuovere questo sentimento, che tuttavia riaffiorava puntualmente ogni volta che non ci sentivamo capiti dagli amici o accolti dal gruppo dei pari.

Da adulti e da anziani i timori non diminuiscono di certo. Ci poniamo spesso una serie d’interrogativi che destabilizzano quel piccolo mondo fatto di certezze, che con fatica ci siamo costruiti giorno dopo giorno. Spesso pensiamo ai nostri figli e al loro futuro e ci domandiamo con trepidazione: «Troveranno un lavoro? si faranno una famiglia e reggerà?». Quante volte riflettiamo su noi stessi e con soddisfazione riconosciamo che finora ce la siamo cavata, ma che ne sarà del nostro futuro? A ognuno di noi capita di chiedersi: «Le persone che mi amano, in particolare, mia moglie o mio marito, continueranno a volermi bene e a farsi carico delle mie debolezze? e se mi ammalassi e se perdessi la persona che più amo e se rimanessi senza lavoro e…?». Quante paure ci scuotevano ieri e ci preoccupano anche oggi.

Nella prima lettura incontriamo, il profeta Geremia, un uomo straordinario, che ha trovato in Dio l’antidoto alle sue paure. Il profeta, che descrive la sua vocazione come una “seduzione divina” (cfr. Ger 20,7), avverte la drammaticità del momento, provocata dalle insinuazioni anche di coloro che riteneva amici: “Sentivo la calunnia di molti: «Terrore all’intorno! Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta”. Chi si è sentito ferito ingiustamente dalla lama tagliente della calunnia comprende la tensione del profeta; chi è stato accusato di colpe altrui sente che le sue parole trasudano amarezza; chi ha subito ingiustamente l’oltraggio dell’ironia e del disprezzo rivive in prima persona il dramma di Geremia.

La sua “colpa” consiste nell’aver denunciato con chiarezza le falsità e i peccati del popolo e nell’aver annunciato le conseguenti sciagure future. Il profeta non demorde, sa a chi ha affidato i suoi giorni e dice: “Il Signore è al mio fianco, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere”. E aggiunge: “… Possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa!”. La forza di Geremia sta nella certezza che Dio gli è accanto, per dargli coraggio e per difenderlo dai suoi nemici.

Nel brano evangelico Gesù si rivolge ai suoi apostoli, inviati “come pecore in mezzo a lupi” (Mt 10,16), preannunciando umiliazioni e persecuzioni a causa della fedeltà alla loro missione. Per ben tre volte il Signore ribadisce: «Non abbiate paura» e soggiunge: «nulla vi è di nascosto che non sarà svelato». Non si tratta solo di un incoraggiamento rivolto ai primi missionari del Vangelo alle prese con un ambiente ostile e con un potere pronto a scatenare contro la comunità delle origini ogni forma di persecuzione, ma di un vero e proprio stile di vita cristiana, indirizzato alle generazioni future, quindi anche a noi.

Non ci è permesso di cedere alla rassegnazione e piegare il capo di fronte ai lupi di oggi, dicendo: «così va il mondo» oppure, più elegantemente, «questo è il sistema», espressioni che più volte abbiamo sentito pronunciare anche nei nostri ambienti, ad esempio per giustificare le malefatte di coloro che presentandosi come paladini dell’onestà, venivano poi presi con le mani nel sacco. Il cristiano rifugge da ogni forma di falsità e doppiezza, perché è un figlio della luce, ama e serve il vero, teme solo “colui che ha il potere di far perire nella Geenna e l’anima e il corpo”. Di più, snida il male, ovunque esso si trovi, e lo svela, facendo trionfare la verità e la giustizia. Non teme nessuno, né onorevoli né monsignori, quando sono complici di scelleratezze.

Il discepolo di Gesù, che prende sul serio i suoi insegnamenti, si sente interiormente forte, perché è consapevole di “valere più di molti passeri”; è certo di essere custodito e protetto da Dio “come pupilla degli occhi” (Sal 17,8). Egli sa che il Signore veglia sulla sua vita: non ha timore di affermare le sue idee; non si lascia intimidire da “quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima”; osa proclamare con franchezza il Vangelo e trova il coraggio “di annunciarlo dalle terrazze”, come l’unica parola che ci rende pienamente liberi.

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