Non piegarsi alla politica della non accoglienza

Profughi sulla cosiddetta “Rotta balcanica”. Foto archivio Ipsia

Dai campi profughi della cosiddetta “Rotta balcanica”, in Grecia o in Bosnia, giungono notizie e immagini drammatiche. In Austria la questione diventa un punto interrogativo sull’idea di Europa e sul ruolo dell’Unione, soprattutto in momenti di crisi plurima come questo.

Sulla situazione dei profughi è intervenuto domenica scorsa il vescovo di Innsbruck Hermann Glettler lanciando l’appello all’accoglienza in Austria di almeno cento famiglie. Le condizioni dei campi, scrive il vescovo, sono talmente allarmanti da impedire a chiunque di perdersi in tattiche politiche. “Il tempo della paziente attesa sta per finire, perché si tratta di persone concrete con il loro insopportabile destino”.

“Sull’isola è iniziata una settimana di piogge persistenti. Si prevede che le temperature durante la notte nei prossimi giorni scenderanno a 5 gradi. E secondo le previsioni per i prossimi 16 giorni, rimarranno a questo livello spaventoso. È cinico, di fronte a queste temperature invernali, parlare di ‘aiuto in loco’, anziché procedere all’evacuazione del campo. Dove sarebbe l’aiuto in loco quando i sentieri tra le tende sono invasi dall’acqua, le tende di emergenza sono avvolte nell’umidità e nel freddo e si teme la diffusione delle peggiori malattie? Cosa vuol dire ‘aiuto in loco’ quando più di settemila persone sono costrette a farsi la doccia con un secchio di acqua fredda perché le 37 (!) docce dotate di acqua calda non sono sufficienti? Quale ‘aiuto in loco’, quando l’unico magro pasto al giorno (in alcuni giorni si tratta persino di un pasto freddo!) non riesce in alcun modo a placare la fame della gente?”.

Mons. Glettler interviene con parole forti: “Non si può più capire che innumerevoli austriache e austriaci, comuni, parrocchie e comunità ecclesiali, gruppi solidali e molte persone impegnate si debbano piegare all’atteggiamento politico del Cancelliere federale”. E ripete il suo appello: “Accogliere subito cento famiglie, senza se e senza ma! Al di là delle differenze di partito, l’Austria dovrebbe dare il tanto atteso contributo per porre fine alla miserabile situazione di Lesbo. Qualsiasi calcolo politico a spese di persone che soffrono in modo drammatico è una presa in giro di qualsiasi politica sociale cristiana. Non si tratta di questa o quella posizione nel dibattito sul maggior o minor numero di rifugiati da accogliere, ma di decenza umanitaria”.

Accogliere cento famiglie, tanto più che sono almeno 250 le famiglie del campo che hanno già ottenuto una decisione positiva in materia di asilo, è secondo Glettler un chiaro segnale per dire che l’Europa intera è chiamata ad agire. “Lesbo e le altre isole greche, che mostrano una situazione simile, sono diventate sinonimo del fallimento di una politica comune europea per i rifugiati”.

La situazione dei profughi nei campi greci è oggetto di aspro dibattito anche tra teologi. Il viennese Paul Zulehner ha criticato aspramente le affermazioni di due colleghi, Ingeborg Gabriel e Matthias Beck, che ad un evento organizzato dal partito del Cancelliere Kurz (ÖVP) avevano sostenuto che non c’è un’“unica” politica cristiano-sociale, i cristiani possono legittimamente avere opinioni diverse. Secondo Zulehner, da un punto di vista cristiano, la sofferenza dei bambini nei campi profughi greci richiede posizioni univoche. Alle parole di Beck (“in Austria non si possono risolvere tutti i problemi”), Zulehner risponde che la sofferenza dei bambini nei campi come Moria “è molto concreta e non può essere liquidata in modo così insensibile”. Ciò che è “forse anche giusto” in astratto, nel concreto si rivela sola- mente “cinico”.

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