Olii essenziali, aromi e profumi, quelle molecole che ci seducono

Il mondo vegetale ci riserva molte meraviglie che percepiamo attraverso la vista, il tatto, il gusto, l’udito. Oggi vorrei portare l’attenzione su quella porta dei sensi che si chiama olfatto, molto utilizzata dal mondo animale, un po’ “arrugginita” nell’essere umano. Piante arboree, erbacee ed arbustive emettono nell’aria essenze di vario tipo. Sono miscele di molecole presenti in piccolissime quantità in fiori, foglie, gemme, resine, cortecce, legni e radici.

Queste molecole più o meno profumate volano leggere nell’aria. Se proviamo a chiudere gli occhi e muoverci lentamente in un giardino o in un bosco scopriremo una varietà infinita di fragranze che caratterizzano ciascuna pianta e mutano allo scorrere delle stagioni. Si tratta di una forma di linguaggio vegetale ben conosciuto dagli animali selvatici.

La potenza delle essenze fu riconosciuta e studiata fin dalle più antiche civiltà, utilizzata nei culti religiosi e, in seguito, nella vita di tutti i giorni. Spremitura, distillazione, macerazione, enfleurage (utilizzato per ricavare a freddo le fragranze dai petali dei fiori), sono esempi di procedimenti per estrarre olii essenziali, aromi e profumi che portano nelle case il profumo di bosco, di campagna o di giardino.

Ma perché le piante producono queste fragranze? Vi è uno scopo? Certamente sì, Madre Natura è parsimoniosa e tutto ha un senso.

Quando il profumo è contenuto nelle foglie, cortecce, legni, steli, radici, la funzione è per lo più protettiva (da predatori e parassiti, da funghi e batteri, dalla forte insolazione oppure dal freddo…). Quando invece il profumo è sprigionato dal fiore il motivo è la riproduzione: le piante se ne servono generalmente per attirare gli impollinatori.

Il mese di febbraio ad esempio ci riserva alcuni profumi intensi, profumi d’inverno. Le piante che fioriscono in questo periodo hanno fiori piccoli che sbocciano su rami ancora nudi senza foglia: mi riferisco all’Hamamelis, all’Edgewortia, al Caprifoglio invernale, al Viburnum x bodnantense.

Ma la pianta più conosciuta e diffusa nei nostri giardini è il Calicanto d’inverno: Chimonanthus Praecox (cheimón = inverno, ánthos = fiore).

Pianta rustica, resistente ai climi più rigidi, non ha particolari esigenze di terreno ed irrigazione, cresce in forma arbustiva fino a 2,5 m di altezza. È originaria delle foreste montuose del Sichuan cinese, dove cresce fino a 3.000 metri di altitudine. I fiori sbocciano in febbraio/marzo dal legno vecchio, sono dotati di petali cerosi di colore bianco o giallo e portatori di uno strepitoso profumo.

“Come potrò dimenticare l’odore del calicanto nelle notti di febbraio, la volatile gioia d’acuta verdezza traboccante nel buio della strada deserta…” (Luigi Fallacara).

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