Oltre l’assenza

Dio avvolge il tempo, la creazione, noi stessi. È il Dio dei vivi e non dei morti, come dice Gesù stesso

Le domeniche di novembre ci accompagnano nella meditazione sulla morte e sulla promessa della vita futura. Si conclude l'anno liturgico e le letture della Messa si concentrano su temi escatologici, vale a dire sulla questione della fine e del fine della nostra esistenza e di quella dell'universo intero. È una grande riflessione sul tempo e sulla storia, visti con gli occhi di Dio. Così come la stagione autunnale vede ingrigirsi l'atmosfera, mentre spesso il cielo si colora di caligine e il paesaggio è avvolto dalla nebbia, pensare alla morte e al passato possono turbare l'animo, lasciandolo in preda alla tristezza: ci ritroviamo soli e disorientati, privi di punti di riferimento. Anche la Bibbia, anche il Vangelo, non ci fornisce risposte esaustive e dettagliate. Vorremmo sapere che cosa ci attende. Il naturalismo scientifico è tentato di dare una risposta definitiva: ogni cosa si trasforma, la morte è semplicemente la disgregazione del nostro corpo, le molecole di cui sono fatti si disperderanno nell'ambiente per generare nuove forme di vita. La nostra individualità sparisce per sempre. La scienza più rigorosa lascia invece aperto lo spazio al mistero. Evidentemente il nostro corpo ritorna polvere, ma il senso della nostra vita e il destino dell'uomo non possono essere investigati dal metodo scientifico che, per essere onesto, dovrebbe saper fermarsi davanti a questa soglia.

Nessuno fa l'esperienza della morte. Vediamo gli altri morire, ma non sappiamo che cosa significhi lasciare tutto, anche l'esistenza, nelle mani di un altrove e di una assenza completamente sconosciuti. Il primo annuncio di quasi tutte le religioni consiste nell'affermazione che in questo altrove non si incontrano il vuoto e l'assenza, bensì una presenza, anzi la presenza originaria dell'essere. Quello che viene dopo è ciò che c'era prima. È Dio che avvolge il tempo, la creazione, noi stessi. È il Dio dei vivi e non dei morti, come dice Gesù stesso. È il Dio sempre-presente, come testimoniato dalla rivelazione al Roveto ardente. Soltanto in questo senso si può capire che cosa significhi l'eternità di Dio. A prima vista sembra qualcosa di astratto perché il Dio biblico entra nel tempo e Cristo è l'incarnazione in questo tempo; nello stesso modo Dio è eterno perché supera ogni categoria del prima e del dopo. Supera ogni concezione umana del tempo, lo relativizza molto di più di qualsiasi moderna teoria della relatività (sappiamo da Einstein in poi che il tempo non è una dimensione assoluta).

Detto questo, tuttavia, per noi la morte è un passaggio assoluto: davvero per i trapassati la storia è finita, fissata per sempre, cristallizzata. Non si può tornare indietro, riprendendo la vita dall'inizio. Resta il ricordo ma l'esistenza è terminata per sempre. Chi ha fede però può leggere in un altro modo questo dato di fatto. Nella morte la nostra vita si consegna a Dio, ritorna nelle sue mani. Così ha fatto Gesù: sulla croce si è completamente affidato al Padre, ha offerto la sua vita a Lui. Questo è l'atteggiamento del cristiano.

La potenza del passato resiste. Questo è un grande mistero. Gesù risorge, ma le sue piaghe restano. Sono trasfigurate, rese gloriose dall'amore del Padre, ma restano, a testimonianza della forza della storia e, purtroppo, della cattiveria degli uomini. Il male non si cancella, ma il bene vince. Questo ci chiama a una grande responsabilità: in ogni azione dobbiamo testimoniare il bene, riempire la nostra vita di bene, sapendo che esso resta. Anche il male tuttavia resta e fin d'ora ci abbruttisce, ci distrugge, ci uccide lentamente. Chi si lascia vincere dal male è già morto e se non ha conservato alcuna scintilla di bene, non potrà risorgere.

Nella morte abbandoniamo tutto ma, agli occhi di Dio, ci portiamo tutto anche al di là del fiume della vita terrena. E Dio è misericordia, anzi è giustizia nella misericordia. Ci affidiamo a Lui per riscattare il nostro passato, per purificare il nostro spirito e per ricostruire nella luce dell'amore i legami intessuti nella nostra esistenza. Tutto questo è risurrezione. Prima però dobbiamo passare attraverso l'incertezza, il mistero, l'angoscia, come è accaduto a Gesù. Poi viene il momento dell'abbandono fiducioso nelle braccia di Dio. Lui non tradisce, è affidabile. Il Dio della vita non può abbandonarci. Oltre quello che oggi ci sembra un abisso inspiegabile e oscuro, ecco una Presenza e un incontro gioioso senza fine.

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