Oltre l’individualismo

Lo slogan “Della mia vita faccio quello che voglio” potrebbe essere preso come emblema del nostro tempo.

L’individualismo è l’ideologia fondamentale che regge l’epoca contemporanea. Onnipresente nei Paesi occidentali, quest’idea si è velocemente globalizzata e si può dire che essa sia ormai diffusa a livello mondiale. Questa visione ha aspetti positivi, ma soprattutto conseguenze negative per la vita di ciascuno e pure per quella delle comunità, grandi o piccole che siano. Tutti in fondo siamo individualisti, nessuno si senta escluso, perché questo è l’orizzonte culturale in cui siamo immersi.

La “scoperta” dell’irriducibilità di ogni persona è una conquista dell’età moderna. Ogni uomo è un singolo: creato a immagine e somiglianza di Dio, l’uomo rinascimentale scopre appunto la sua individualità, la sua capacità di cambiare il mondo. Alcuni secoli più tardi l’uomo romantico si erge con il suo genio e la sua libertà contro ogni avversità, contro la tirannide, in favore di un’esistenza grande e piena, verso un mondo quasi destinato al progresso. Con l’illuminismo cominciava già a farsi strada l’idea di quelli che oggi chiamiamo “diritti umani” basati sul concetto di dignità umana: ogni uomo è uguale agli altri a prescindere dalla sua appartenenza etnica, dal suo censo, dal suo credo religioso e così via. Lo Stato democratico sarà poi fondato su questo primato della persona. Per arrivare alla Dichiarazione fondamentale dei diritti dell’uomo del 1948 siamo dovuti passare attraverso decenni terribili in cui regimi totalitari pensavano di conquistare il mondo attraverso la soppressione di qualsiasi individualità, di qualsiasi eccezione che non entrasse nella visione di uno Stato mostruoso e idolatrico.

Ben venga l’individualismo dunque! Ben vengano la libertà di costruire il proprio futuro, di scegliere che cosa fare nella vita, di immaginare il mondo in modo diverso. Eppure l’individualismo porta con sé effetti indesiderati. La libertà è diventata obbligatoria: l’individuo è libero fino alla fine, finchè non entra in contrasto con la libertà degli altri. Lo slogan “Della mia vita faccio quello che voglio” potrebbe essere preso come emblema del nostro tempo. Gli altri, il prossimo spariscono inevitabilmente. Per prima cosa viene l’io. Che certo può intessere legami, far parte di una società sempre più complessa. Tutto però è incentrato sull’io. L’individuo deve essere in grado di lavorare, consumare, produrre e spendere. L’economia va avanti in questo modo. L’individuo deve pensarsi prima di tutto come singolo, deve essere efficiente, sportivo, sempre giovane, sempre in salute.

Quando arriva il momento in cui l’autonomia individuale scema cominciano i problemi, perché la società contemporanea non è pensata per quanti da soli non ce la fanno. Allora si sono inventate le case di riposo per i vecchi, le varie strutture sanitarie per i malati che non potranno più tornare “efficienti”. Sono poche le famiglie che riescono ad assistere genitori anziani con le proprie forze: per fortuna si è inventata la figura del “badante”. Soluzione sicuramente migliore rispetto a quella di confinare all’ospizio (anche se non si chiama più così) questi anziani che, al crepuscolo della vita, sono costretti a lasciare la propria casa, i propri oggetti e spesso i propri affetti per finire in strutture meritorie che finiscono però per illanguidire e per avvicinare la morte.

Per chi è stufo della vita, giovane o vecchio che sia, malato o sano, viene proposta addirittura la possibilità del suicidio assistito. “Potrò decidere della mia vita?”. Nell’ottica individualista è molto difficile trovare le ragioni per rispondere negativamente a questa domanda.

Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Coppie e famiglie, sposate o meno, sono spesso formate da binomi di individui che a volte si incontrano anche per lungo tempo, ma che possono ugualmente separarsi con facilità: quello che conta è stare bene con se stessi. Quello che conta è la propria vita. Non parliamo poi della rivoluzione digitale in atto che alimenta il vortice dell’individualismo.

Pensare a un discorso alternativo è velleitario, eppure di questo passo il mondo si disgrega. Chi di noi però è disposto a rinunciare anche solo un poco a se stesso per gli altri? Qualcuno lo fa e riesce a trovare in questa scelta la propria realizzazione. Stare accanto agli altri può appagare molto di più rispetto che chiudersi in se stessi. Probabilmente neanche in questo modo è scalfito il primato dell’io, ma se questo io si pensasse almeno sempre insieme agli altri, sarebbe sicuramente un passo in avanti.

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