Pannella, l’uomo dei diritti civili

Marco Pannella a Trento per le elezioni regionali nel 1978. Foto © Gianni Zotta
Per tutta la sua lunga vita ha usato il proprio corpo come arma di pressione, così come aveva “inventato” i referendum per far decidere al popolo ciò che, a suo giudizio, i rappresentanti nel Palazzo non erano in grado di approvare o di riformare.

Giacinto (Marco) Pannella, morto la scorsa settimana a Roma, all’età di 86 anni, fu il più grande rompiscatole della politica e nella vita civile dell’ultimo mezzo secolo. La sua visione radicale della libertà individuale lo portò ad ingaggiare battaglie che hanno marcato la laicità dello Stato: dalla legge sul divorzio alla legge sulla interruzione volontaria della gravidanza; dal referendum sul finanziamento dei partiti alla battaglia sulle carceri e sulle condizioni dei detenuti. Si alleò con il diavolo e con l’acqua santa pur di raggiungere l’obiettivo che si era prefissato. Celebre la sua alleanza con Flaminio Piccoli per portare a casa, nel 1985, la legge n. 73 che stanziava 1.900 miliardi di lire per la “fame nel mondo”. Più che sfamare i diseredati dell’Africa quella legge saziò, momentaneamente, l’appetito dei corrotti e dei partiti. Che egli puntualmente denunciò.

Con la rosa nel pugno e l’uso e l’abuso delle provocazioni (scioperi della fame e della sete, raccolte di firme, logorroico allo spasimo) diede fastidio a molti. Ma alla fine, nel giorno della sua morte, da ogni angolo dell’agone politico si è levato un peana di riconoscimenti. Postumi. Eugenio Scalfari ha scritto che Pannella si è sempre battuto per i diritti ma “i doveri li vedeva poco o niente”.

Pannella venne a Trento in varie occasioni, per le campagne elettorali anche regionali (qui nel 1978) e per sostenere gli interventi della piccola pattuglia radicale (Fabio Valcanover e Franca Berger, per citare i più noti).

Pur professando una laicità totale, guardò con rispetto a una parte del mondo cattolico (aveva avuto uno zio prete) e nelle ultime settimane di vita ha scritto persino una lettera a papa Francesco. “Caro Papa Francesco, ti scrivo dalla mia stanza all’ultimo piano – vicino al cielo – per dirti che in realtà ti stavo vicino a Lesbo quando abbracciavi la carne martoriata di quelle donne, di quei bambini, e di quegli uomini che nessuno vuole accogliere in Europa. Questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere accanto agli ultimi, quelli che tutti scartano”.

L’indomani della sua morte, una vignetta di Altan, su “La Repubblica” diceva più di articolo di fondo. San Pietro si rivolge al Padreterno: “Sta arrivando Pannella”. Risposta di Dio: “Allora è finito il tran tran”.

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