Il Perù, nella “temporada” del coronavirus

Daniele, originario di Montagne, vive con la moglie e i sei figli a Cajamarquilla

Cari amici, caro Centro missionario, il desiderio molto molto forte e vero è di provar ad essere vicino a tutti voi per ringraziarvi, per stringervi a noi, per farvi conoscere le persone dei nostri paesi, per far un po’ famiglia, mossi da una vera compassione cristiana.

Qui si sta vivendo qualcosa di quasi “insensato”: a muovere e comandare il tutto uno spirito di sopravvivenza che deve affrontare la “temporada” della “enfermedad” del coronavirus!!!

In Perù, nella primissima settimana di quarantena (15-22 marzo) si è mossa una gran quantità di gente scappando a controlli e regole: via dalla costa, via dalle grandi città, da Lima; e tutti hanno fatto ritorno sulle montagne, dai loro genitori, dai fratelli, dai nonni. I piccoli paesini si sono riempiti. Ma?!

Fermo il commercio, ferme le attività, nei primi giorni l’assalto ai negozi per assicurarsi un sacco di riso o di farina a prezzi elevati e poi… nei boschi a rubare la legna e a raccogliere sterco di vacca per il fuoco. C’era chi si doveva sistemare una vecchia casa per riprendere a viverci…

Immaginatevi famiglie scappate dalle favelas delle grandi periferie urbane senza niente, con figli e bambini neonati. Senza avere di che vestirsi, né dove alloggiare.

Qui da noi, sulla sierra, nessuno era preparato: letti o meglio definiti giacigli (pelli di pecora), stoviglie (piatti e cucchiai), coperte, e avanti fino ad accorgersi che, seppure con la quarantena, il governo pretendeva che i bambini partecipassero alle lezioni virtuali (quindi Internet, Whatsapp, televisione, radio e materiale scolastico come quaderni, fogli, colori…).

Lascio a tutti voi immaginare: mascherine ovunque senza il rispetto della distanza minima, la gente che cerca di “correre ai ripari”!

Daniele Bortolotti
Daniele Bortolotti

Trovavi bambini sdraiati fuori casa, sulla terra polverosa, a svolgere i compiti arrivati per fotocopia, la gente ad affrontare il problema di sistemarsi nelle nuove “abitazioni” (le stesse casette di fango con il tetto in lamiera o paglia), il problema di avere da mangiare!!! Quest’ultima necessità ha smosso e continua a smuovere varia gente rimasta “imprigionata” ai bordi delle città, senza cibo.

Ora le normative sono cambiate, si sono fatte più rigide (come le temperature).

Chi raggiunge la sierra è costretto alla quarantena in isolamento, vivendo quindici giorni in ambienti di lamiere e teli di plastica (con il bagno all’aperto). Spetta al personale sanitario accertare che, trascorse le due settimane, possano prendere parte alla vita comunitaria: famiglie, bambini, anziani al freddo (la notte gela), assistiti dall’esterno dalle famiglie con cibo e coperte.

In tutto questo continuiamo chiusi (non si può uscire con l’auto dal paese, né possono entrarne altri) e la situazione in Perù dopo tre mesi e mezzo continua a peggiorare.

Il nostro paese è cresciuto molto, molte persone hanno bisogno d’aiuto, famiglie con bimbi, anziani: che fare? che possiamo fare con le restrizioni e la necessità di mantenere le distanze? con le attività ferme, i trasporti bloccati?

Abbiamo comperato viveri di prima necessità per distribuire a tutti uno scatolone di alimenti (olio, zucchero, farina, riso…).

Abbiamo svuotato la nostra casa regalando vestiti, coperte, piatti, bicchieri. A chi serviva la legna abbiamo regalato un po’ di legna, trasportato carichi di legna che la gente preparava nei boschi; pietre e terra per iniziare la costruzione di nuovi alloggi.

Abbiamo regalato lamiere, chiodi, filo di ferro per costruire tetti; perfino pali per recintare i nuovi campi, gli orti, perché la gente quasi da subito ha cercato nuove terre dove seminare patate, fave e mais.

C’è chi è venuto a chiedere medicinali e chi spesso, viene a barattare della frutta in cambio di pasta, riso, tonno… c’è chi bussa alla porta per vendere insalata, piselli…

Una situazione imprevista. E noi qui un po’ isolati nel tentativo di essere d’aiuto a questa povera gente.

(Daniele Bortolotti è volontario dell’Operazione Mato Grosso in Perù)

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