Proprio vero, vivere non è un gioco da ragazzi

Lunedì 15 maggio su RaiUno è andata in onda la prima serata di Vivere non è un gioco da ragazzi. Se, nella gara degli ascolti, la nuova edizione de L’Isola dei famosi ha vinto di circa un punto di share sulla fiction, è chiaro che questo non significhi null’altro se non che dovremmo auspicare che anche il sempre più residuale pubblico delle reti generaliste, riuscisse a distinguere fra una narrazione che, almeno nelle intenzioni, intende svolgere il sano ruolo artistico di raccontare la realtà, e un becero reality che cerca di confondere le idee di chi (ancora) lo guarda, definendo “reali” le schermaglie artefatte e le finte sfide di vip in disuso deportati in una spiaggia simil esotica, letteralmente fuori dal mondo. La nuova fiction merita, invece, l’attenzione degli adolescenti e dei loro genitori che, insieme, sono i protagonisti di un racconto corale che tocca davvero tanti tasti dei contesti giovanili e famigliari. I sei episodi da 50’ sono già tutti disponibili in streaming, per la fruizione dei più giovani, secondo una modalità che Rai ha scoperto vincente, soprattutto dopo il fenomeno Mare Fuori il cui produttore, Roberto Sessa, per Picomedia è lo stesso di questa ultima serie che andrà in onda in chiaro ancora per due lunedì. Alla regia l’esperto attore Rolando Ravello che è ormai passato da anni dall’altra parte della macchina da presa. Alla ideazione e sceneggiatura l’ancora più esperto Fabio Bonifacci. Nel cast: Stefano Fresi, Nicole Grimaudo e Claudio Bisio, e nei panni dei protagonisti giovani, Riccardo De Rinaldis Santorelli e Matilde Benedusi.

L’evento scatenante, in una Bologna inedita e intrigante, è la morte di un ragazzo a causa di una “pasta” tagliata male, assunta in discoteca. La tragedia disvela segreti, squarcia omertà, pregiudizi, silenzi fra i compagni di classe di un liceo in cui convergono sia i figli dei ricchi, sia altri meno abbienti. Lele è bello e brillante e sa scrivere alla grande; ha i genitori in crisi sia economica sia sentimentale ed è innamorato di Serena, la figlia della donna che è la candidata sindaco della città e si è separata da un marito con disturbi psichici. I due ragazzi iniziano a frequentarsi, ma presto Serena rivela di essere dipendente dalla droga perché solo “fatta” riesce ad avere rapporti sessuali. A fianco dei due, il gruppo dei pari, ragazzi con tratti distintivi che si delineano come personaggi più o meno felici. Si aggiunge un poliziotto, saggio, ma tutt’altro che eroico. Insieme al suo approssimativo assistente è un neo don Chisciotte che nell’intensità della recitazione di Bisio, conduce l’indagine contro gli spacciatori e aiuta, come maieuta empatico, ad entrare più profondamente nell’animo dei giovani protagonisti e dei loro stessi genitori, spesso vittime di perbenismo e sterili ipocrisie.

Il disagio sottile ma diffuso degli adolescenti di cui la tossicodipendenza è solo la punta dell’iceberg, la difficoltà di comunicazione intergenerazionale e la grave mancanza di dialogo a tutti i livelli, perfino qualche sprazzo di verità sul nesso inscindibile fra sessualità e amore, di solito assolutamente disconosciuto: è già molto. Diamo ancora qualche chance alla Rai, non di solo piattaforme viva la famiglia italiana davanti alla tv!

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