Quale soddisfazione respirare!

I lettura: Atti degli Apostoli 1,1-11;

II lettura: Efesini 1,17-23;

Vangelo: Matteo 28,16-20

Sarà forse un'allergia, ma a volte mi pare di sentire quel tipico odore di chiuso, di stantio, che si respira in quegli ambienti dove non gira mai l’aria. E non mi riferisco alla mia abitazione (che è spaziosa) ma al mondo, proprio a questo mondo d'oggi, a questa società in cui viviamo.

Sarà che il mondo è diventato piccolo, per cui ciò che accade all’altro capo in un battibaleno si viene a sapere… Sarà che i grandi di questo mondo alla fin fine si rivelano pure loro piccini come tutti, capaci di stupidità e di debolezze. Io sono allergico, ad esempio, a quel gran varietà che è la politica, dove di varietà – cioè di nuovo – spesso c'è poco o nulla. Allergico a notizie di cronaca nera, svoltolate per mesi, che hanno solo lo scopo di nascondere problemi e scandali ben più grossi. Allergico a certi titoli che campeggiano nelle prime pagine di giornali locali, per il fatto che, o sono ritornelli drammatici e sempre quelli, oppure annunci di avvenimenti che – fatta qualche rara eccezione – definire “culturali” è far loro un grosso favore. Ecco perché a volte provo la sensazione di trovarmi in una stanza chiusa: l’aria, a questo mondo, troppe volte puzza di stantio.

Che se poi scendiamo nel concreto della vita delle persone, delle famiglie, dei nostri gruppi, forse non è molto diverso: non vi pare a volte di respirare odore di stantio?

Gli undici discepoli andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro fissato. Comincia così il vangelo della prossima festa dell’Ascensione. Matteo parla di un monte in Galilea; Luca, invece, del Monte degli Ulivi, vicino a Gerusalemme. In ogni caso, il monte (ogni monte!) offre dei vantaggi: la prima cosa che affascina chi va in montagna è il panorama che si gode da quelle altezze. Tutto appare nelle sue dimensioni reali, anzi, se da un monte è possibile vedere in basso la propria casa, fosse anche un palazzo o una caserma, dall’alto appare molto ridimensionata.

La conclusione che intendo trarre si può intuire. Seguire Gesù Cristo significa tirarsi fuori ogni tanto dal tran tran delle cose ordinarie e salire a un livello un po’ superiore, per osservarle dall’alto, a distanza: altrimenti accade che le cose ordinarie – positive o negative che siano – ci risucchiano come in un vortice e ci divorano. A starci dentro senza mai prendere le distanze, si finisce col pensare che il mondo è tutto lì, che la vita non può che essere quella… con un respiro che si fa sempre più corto, e con un orizzonte che finisce là dove terminano i nostri interessi o i nostri grattacapi.

Ascensione del Signore significa che si può uscire, prendere le distanze e salire di qualche livello: è solo dall’alto che si vede bene; che cosa esattamente? I motivi per cui siamo al mondo anzitutto, i traguardi che ci attendono e che Dio ha fissato per noi.

“Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole… e insegnando loro il mio vangelo…”. Comunque le interpretiamo queste parole, una cosa è certa: essere discepoli di Gesù significa che la nostra esistenza non è più un affare privato; è missione. Quale che sia il nostro stato di vita o la nostra professione, vivere per noi è missione. Si potrà Dire che l’affermazione è esorbitante, che non ci sentiamo affatto tagliati per questo (lo pensavano anche gli apostoli!), ma resta il fatto che se noi non abbiamo questa coscienza, la nostra esistenza decade e diventa di una banalità incredibile: allora sì che rischia di riempirsi di tante piccinerie e sciocchezze.

Del resto, solo chi vive la sua vita come missione ha davvero esperienza di Gesù Cristo vivo. E’ per quei discepoli che manda nel mondo l'assicurazione: Ecco, io sono con voi tutti giorni… Un cristiano che vive solo per se stesso, chiuso nel piccolo mondo dei suoi interessi o problemi, non potrà mai sentire che Cristo è vivo e percepirne la presenza nella sua vita. E’ a quanti vivono per qualcosa di più grande di loro che Cristo assicura: Io sarò con voi tutti i giorni.

Il monte offre anche un altro vantaggio: ci avvicina al cielo; con tutto quello che di simbolico questa parola “cielo” ha per noi credenti. Non solo ci richiama Dio, le realtà invisibili, i cosiddetti valori dello spirito, ma con l’Ascensione di Gesù ci dice chiaramente che quella è anche la nostra direzione, il nostro definitivo habitat: L’uomo Gesù che entra nel cielo di Dio è la primizia, ma alla primizia fa seguito la messe, e la messe siamo noi tutti.

Mi si consenta allora di riprendere le parole di S. Paolo, come augurio e come lieta notizia per tutti noi: “Possa Dio illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi…”. Possa Dio fare questo: e lo farà se gliene daremo il modo, l’occasione. Pertanto, non permettiamo che la nostra vita si riduca a piccola cosa, decada a monotona banalità, non rassegniamoci a soffrire al chiuso, o a respirare aria stantìa. Noi siamo fatti per ben altro da questo!

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