Quale teologia per l’uomo d’oggi?

Molti teologi che si dichiarano cattolici, PER presentare la fede con un linguaggio contemporaneo, finiscono per avventurarsi in sistemi filosofici che escono dal cristianesimo

Sono appassionato di questioni teologiche, ma a volte non capisco come personaggi pubblici ormai famosi, che si dichiarano “teologi” cristiani, come per esempio Vito Mancuso, propongano prospettive (anzi “sistemi” di pensiero) che mi sembrano non solo lontanissimi dalla tradizione, ma ormai fuori da un contesto cristiano. Mi soffermo solo su un punto: Mancuso, e non solo lui, parlano di una divinità immanente al cosmo, che non esiste “al di fuori” di esso, e che quindi non può “intervenire” nel processo evolutivo dell’universo. Ma se Dio non è trascendente al mondo, che cosa rimane della fede cristiana?

Gianfranco

A prima vista la tua domanda può sembrare un po’ complicata, appunto per appassionati di teologia e di filosofia. Alcuni termini, necessari sicuramente in questo contesto (come per esempio “trascendenza” o “immanenza”), sono abbastanza ostici per un lettore medio. Il tuo quesito però mi piace molto perché mi dà l’opportunità di parlare di teologia e anche di un aspetto fondamentale della fede cristiana, che riguarda l’idea stessa di Dio.

A mio avviso la teologia deve accompagnare il credente nell’approfondimento del grande e insondabile mistero di Dio. Deve immergersi in questo mistero per poi cercare di “dare ragione” del credere. Questo processo non ha mai fine: l’interpretazione è sempre nuova, mai scontata, variabile da epoca a epoca. Le verità di fede non cambiano, ma attraverso il tempo vengono approfondite. Non saprei dire se ci sia anche un’evoluzione nella teologia, ma i credenti di ogni generazione devono avvicinarsi a Dio in una maniera originale. La tradizione, per essere viva, non può essere identica a se stessa, ma, pur edificandosi sulle medesime fondamenta, abbisogna sempre di un rinnovamento.

Esistono però alcuni punti fondamentali che rimangono tali. Per essere cristiani bisogna credere in determinate verità (benché il concetto di verità non sia del tutto appropriato per descrivere la “comunicazione di vita” che Dio ci ha proposto), altrimenti si sposa qualche altra sensibilità religiosa. Una scelta legittima, intendiamoci. Basta dirlo, basta saperlo. Molti teologi odierni, che si dichiarano cattolici, – e concordo con te di annoverare Mancuso tra questi – forse con le buone intenzioni di presentare la fede con un linguaggio contemporaneo, finiscono per avventurarsi in sistemi filosofici che escono dal cristianesimo.

Un tempo la Chiesa difendeva l’ortodossia (cioè la corretta interpretazione del credo cristiano) con metodi inquisitori, persecuzioni, processi, scomuniche, tribunali, finendo spesso per commettere errori che venivano riconosciuti magari dopo secoli. Questo atteggiamento non di rado ha nuociuto alla stessa fede. Oggi c’è la tendenza opposta: tutti possono dire di tutto, tutti possono dichiararsi teologi cattolici anche se non ritengono la Bibbia un libro rivelato, anche se non credono alla risurrezione dei morti. E alla fine vince la confusione. Oppure la capacità affabulatoria di certi personaggi ormai noti anche alla televisione.

La fede ci parla di una rivelazione di Dio che viene da “altrove”, dall’esterno, non dal mondo e neppure dalla propria interiorità. Le vicende di Abramo e di Mosé ce lo ricordano. Questa visione non deve però essere interpretata in modo puerile (a volte presentata volutamente in modo puerile per poterla criticare), quasi che Dio parlasse da un “aldilà” fisico, dal cielo o da sottoterra. Sappiamo che nel cielo, cioè nell’universo, ci sono le galassie, le particelle di energia e molti altri elementi che sono studiati dalla cosmologia. Dio non c’è, è ovvio, non lo vediamo con i satelliti. Proprio perché non è interno al mondo fisico, ma viene “da fuori”. Non è energia cosmica, non è un processo evolutivo necessario verso il bene, non è il motore immobile che ha dato l’abbrivio all’universo, salvo poi non occuparsene più.

Il messaggio biblico ci dice che la rivelazione di Dio è una “cosa nuova”, inattesa che non proviene dalla propria soggettività. Dio, assolutamente presente nella storia, è anche totalmente altro, appunto trascendente, alla nostra realtà. La sua “voce” viene da fuori. La sua chiamata non è preventivabile. L’alleanza con l’uomo viene dall’iniziativa libera di Dio. Non possiamo afferrare Dio: sappiamo soltanto ciò che ci ha rivelato. Allo stesso tempo è vicinissimo, qui e ora, più intimo del mio intimo, penetra e avvolge con la sua gloria tutto l’universo, si è fatto nostro fratello, amico, compagno della sofferenza in Gesù Cristo. La fede cristiana si basa su questo.

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